Vincenzo Bagnoli
Quando il cielo ci pesa come un giorno di troppo
e la pioggia cancella coi suoi fili taglienti
l’orizzonte disperso nel silenzio dell’aria
e la vita ci lascia solo un aspro rimorso
allora non fai più poesie, canzoni.
Quando piangi nel sonno senza averne ricordo
quando l’alba che porta la routine dei saluti
sembra un mare di acciaio o di freddo mercurio,
sterminato e deserto, sempre uguale a sé stesso
allora non fai più poesie, canzoni.
Quando il tuo desiderio prende strade diverse,
ma di quelle tu adesso non ricordi più il nome;
quando l’ansia del vuoto come piombo avvelena
la rovina mostruosa delle cose e del tempo
allora non fai più poesie, canzoni.
Quando anche il dolore è una nausea senz’occhi,
senza nere bandiere, senza funebri onori,
la corrente trascina piatte nuvole grigie
lungo nastri di ore che riavvolgi in silenzio
allora non fai più poesie, canzoni.
Quanto poi il fallimento o la disillusione
ci divora il respiro e ci spenge lo sguardo
come fiocchi di ghiaccio in un vento violento,
come un’eco che brucia ogni volta più forte
allora non fai più poesie, canzoni.
(Adesso una malinconia sottile, Esile come Una pioggia estiva
che ha il colore di uno sguardo ostile, confonde giorni grigi senza nome
e senza storia senza calendario) (diesel in sosta coi motori accesi,
musica pop dentro ai bar-latteria, fumo azzurrino e bassa pressione)
(tristezza senza altrove, nebbia vela tutto l’orizzonte e le colline)
(piombo tetraetile, biossido d’azoto, musica melodica italiana
giro di do e di NO2 per quell’erezione triste, ecco cos’era)
(la finta rossa di bologna intanto legge assorta sull’autobus astra
e getta sguardi di attesa assonnata un po’ al futuro un po’ alla fermata)