3’ 18” [it feels like a hundred years]

Vincenzo Bagnoli

Vincenzo Bagnoli

L’età dell’oro, la flebile arcadia
era una festa di sangue, Il cui ricordo
non si sotterra, Il caldo odore vischioso
che hanno le macellerie d’estate,
sporco milione di mosche che tornano sempre.
Cent’anni E cento milioni si sono Estinti
negli ultimi venti E cinque con l’urlo di tutte
le voci dei morti nel pianto del puer divinus
che nasce e rinasce (et iam redit virgo) forever
young: come piante che crescono sulla carogna
portando con sé il cimitero nel bel ritornello
della lacuna, il sapore del verme e di Ossa,
la muffa, la fine nascosta In fondo alla svista,
tutte le volte che ancora morranno I morti.
dentro alla festa E dietro alle luci c’è sempre
la voce grigia Aggrappata al muro,
le cagne del rimorso, la vergogna:
altri protegge una notte in cui nulla si compie,
il mio passato è un fiume avvelenato.
Il fiume portava nell’oscurità sostituendo a vivide immagini
i gorghi di luce di ogni passato, gli scorci risolti in vastità fumose,
le porte chiuse e dimenticate; poi si cammina per giorni interi
immersi nel sangue fino al ginocchio e cento volte uccidendo l’occhio
nel grido inumano, nel lampo incessante, nel pianto e nello stridore urbano.
Luci spossate scalano il buio nell’esile dolore della pioggia
e nel crepuscolo dell’orizzonte gettò un grido rosso sull’orizzonte
un cielo ormai tutto violetto, forse una volta un bacio perfetto
ora piuttosto sorriso smagliante appena intuito all’orlo di spazi
attraversati come un diamante dai cento anni di sangue scarlatto
(come il tramonto e la rabbia dentro)
One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit)
cool song per Georgia Lepore «just like the old days…»
Let’s start in style, let’s dance for a while
Heaven can wait we’re only watching the skies
Hoping for the best, but expecting the worst
Are you gonna drop the bomb or not?
Alphaville, Forever Young