Vincenzo Bagnoli
C’è così tanto da fare in questi alti palazzi,
cento anni di sangue scarlatto tradotto in cristalli,
brillanti scintille (diamanti) memoria (per sempre?),
le ore costrette nel buio, un tempo il futuro
fu una promessa, la vasta galassia che hai visto
dal televisore b/n a portata di mano:
bianco il rumore che dalla città ci sussurra e
il panorama che taglia lo zero
di un equatore sottile e incostante
che ci avvicina, In ogni suo punto,
tutti al bordo Insensibilmente Uguali;
nero il riflesso di schermi Opachi E spenti
piani lontani, ma tutti sfiorati dal fioco
tocco di cariche inquiete, una tenue carezza,
brivido Elettrostatico, Increspatura
di un magnetismo rimasto sospeso.
La linea del non c’è corre tra i tetti:
non la vediamo troppo spesso dalla strada,
ma si offre soltanto agli sguardi dai bordi e dall’alto,
campione Omaggio di solitudini attente
La luna calante brillava indifferente sulla danza dei tetti sotto al cielo
(carte da gioco alla luce elettrica) ed il lampione sotto alla finestra
illuminava un altro breve scorcio come il panorama dietro a un sorriso
(o il tasto ingiallito di un pianoforte):dopo lo rivediamo nella strada
nelle decorazioni natalizie, riso ironico che suggerisce
che il passato non è mai passatoo che c’è un vuoto In ogni esperienza.
Forse la nota gracchiata dalla radio nel fermo silenzio del pomeriggio,
nell’occhio maligno tra foglia e foglia. Forse il silenzio delle tenebrose nubi
sull’orizzonte dove prima c’era il sole; altri echi un feed-back biologico
(o forse ipotesi non necessaria)
One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit)
cool song per Georgia Lepore «just like the old days…»
Let’s start in style, let’s dance for a while
Heaven can wait we’re only watching the skies
Hoping for the best, but expecting the worst
Are you gonna drop the bomb or not?
Alphaville, Forever Young