Tiberio Sergardi
(al campo dei Cerri)
Samàra, la Vergine-olmo alla Quercia:
“Tu che sei giovane da secoli
e incredula ti fingi (anche dell’Ippocastano
che per il campo frascheggia
e fa pompa di sé
tra le foglie
da finto suicida…)
puoi dirci a chi credi,
e se credi a qualcosa, veramente…
oppure, superba!…
se credi solo a te stessa?”
L’Arcavola punta nel vivo,
spronata dal Vento,
dette un diluvio di parole:
“Ecco a cosa credo io,
volete saperlo?
imbranata gioventù,
camporaioli,
sterili piante senza fede,
oliandoli a riposo…crederei…
Io credo alle radici
che in cielo diramano radici
e affondano nel fango…
agli dei d’ogni pianeta credo…
purchè in buona fede,
all’altra vita credo,
agli eletti…
credo al loro dio…
mi affido ai mari,
al ceppo da cui venni,
credo perfino ai manigoldi
se in tempo si ravvedono…
ai più scriteriati
se morire seppero…
credo agli uomini grandi
che piccoli si credono…
ai meno previdenti
che si affidano…
a chi si fa credere al prossimo
quello che è…
Non credo alle bugìe degli altri
(piuttosto alle mie!)…
credo all’Impossibile
che si fa vero…
credo a me stessa
(alle Cascate, forse?),
alla Malinconia,
di guardia alla gioia sfrenata…
Perché non credere ai sensi, allora?…
che ti avvisano del Bello,
della Carità, del Bene…
alle cose più tremende credo,
veloci e cupe come temporali…
credo all’armonia
che disaccordo non è…
credo alle cose più vive,
l’amore, la poesia…
alle cose più semplici credo,
a voi del campo, alle Spighe…
a ciò che amo veramente
e ieri ho smarrito per via…
Credo a quanto mi resta da vivere
e amando rivivrò…