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transfert

Linda Mavian

Linda Mavian

 

linee parallele
prospettiva di viali di periferia
en train de
transiberiana capelli di steppa
la casa ha il pavimento
in terra battuta in terra beata
è fuori luogo intransitiva
scala invisibile di incertezza
rettangolo di finestra cosa rara
cosa fai
i quadrati gialli delle finestre stabili
sugli Urali
tu puoi pensa
nuvola è un gomitolo
sulla spiaggia una sciarpa
di vento mi avvolge il collo
decido di avere freddo
da DOVE LA CITTÀ DIVIENE CIELO

senza titolo

Pasquale Di Palmo

Pasquale Di Palmo

 

Guidare lentamente lungo il dedalo
di strade che si affacciano sul mare
scontroso di questi mattini invernali
senza sapere perché, dove andare.
Ma basta sentirlo
tra le costole, sul palmo
delle mani come stimmate,
sul volto come l’erba
brucata dalle capre,
questo sole lunatico
che aggira pigramente il versante
azzurrino del litorale
per nascondersi tra i rami
folgorati di quel mandorlo
a cui pende, mano
mozzata, il tenero presagio delle gemme.
Poi piomba sul viso, acceca,
portando con sé il pallore
irriducibile di chi non ha pudore.
Da Marine e altri sortilegi (2006)

senza titolo

Pasquale Di Palmo

Pasquale Di Palmo

 

Il sole barbuto di mezzogiorno
pigramente ti bruca la faccia.
Voli da un’ora fra il marciapiede
e le case, stringendo in pugno
il cuore morso di una melagrana.
Nel delirio del vento
il tuo impermeabile è una bandiera.
Le lingue sbilenche dell’erba,
il canale di scolo dove un cane
sbanda la sua corsa tra le viti.
Il nero feticcio del paesaggio
premuto a malincuore sul petto.
Da Ritorno a Sovana (2003)

senza titolo

Pasquale Di Palmo

Pasquale Di Palmo

 

Avanti miei ossicini,
ribadite nel vento
il disegno sbilenco
di un castello anatomico
con folgori di vene
azzurre che attraversano
feritoie e orifizi,
lo sguardo impietrito sull’erba
di parole bruciate come stoppie,
brucate dalle capre
che arrancano abbaglianti
verso la torre rovesciata del sangue.
Da Marine e altri sortilegi (2006)

Pass key

Linda Mavian

Linda Mavian

 

please insert coin
pass key pass key passe-partout tout tout cela
passé present passeport ces choses vont comme ça
ce qui ce passe ce pas ces pas
je ne sais pas pourquoi
“plaisir d’amour ne dure que un moment”
passé present plaisir peine
please insert your card and don’t
and don’t break your chain
please insert coin
pass key pass key passe-partout tout tout cela
passé present passeport ces choses vont comme ça
ce qui ce passe ce pas ces pas
je ne sais pas pourquoi
“plaisir d’amour ne dure que un moment”
passé present plaisir peine
please insert your card and don’t
and don’t break your chain
please insert coin
pass key pass key passe-partout tout tout cela
passé present passeport ces choses vont comme ça
ce qui ce passe ce pas ces pas
je ne sais pas pourquoi
“plaisir d’amour ne dure que un moment”
passé present plaisir peine
please insert your card and don’t and don’t
and don’t break your chain
please insert coin
due volte noi pensavamo al sole
c’era qualcosa in comune
il colore di fondo
due giorni splendenti sperduti
un simbolo per traversare il ruscello
senza le valigie smarrite
non si possono richiedere
alla vita dell’hotel precedente
un sogno mi cola come acqua su corteccia
di foresta pluviale
come pioggia su vetro trasversale
fuori cadono le foglie lentamente
in un souvenir di vetro rotondo
intrecciare i miei vestiti
di foglie di capanna
in un verde enclave
di infanzia ancestrale
lungo fiumi
assimilare il vento sull’ultimo ponte della nave
tutta questa pioggia sul fondo della canoa
vorrei uscire ora
tutta questa pioggia mi
mi confonde a un passato remoto
a qualcosa ora chiusa
come ambienti di casa
di prospettive da cambiare
ma sono abitacoli ventricoli di cuore
è la mia casula capanna mantello
forse ho solo quello
è intrinseco a tessuto interno
è bagnato da marea di mare
e tutto questo neon non è di luce eguale
mi ricordo un letto in cui dormivo
un sogno che facevo
se questo significa esistere o resistere
non è per me molto diverso

La visita di Horus

Pasquale Di Palmo

Pasquale Di Palmo

 

Non mi ricordo se fosse ad ottobre
– tu non avevi ancora dieci mesi –
che Horus si posò
sul davanzale della mia finestra,
restando immobile a fissare
un panorama di alberi scheletriti e cascinali.
Era un esemplare di dimensioni
modeste, poco più grande dei piccioni
che cacciava lungo campi
e argini di questa ragnatela di canali.
Io mi avvicinai cautamente, rimasi
immobile quanto lui,
forse a mezzo metro da lui,
osservando finalmente il dettaglio
delle sue penne tra marrone e cinerino,
l’occhio rotondo e severo rivolto
per un attimo, unica
concessione del dio, al mio stupore,
prima che definitivamente nel vento
del primo pomeriggio si involasse.
Da Ritorno a Sovana (2003)