Venti che le primordiali foreste vergini sorvolate, al di sopra delle ali dell’albero, al di sopra della sterpaglia rimasta dell’ultimo deserto arrivando fino all’alba polverosa, ora raccolta assieme dentro fogli di carta che rimangono come unica cosa di noi, dopo tutto quel lavoro umano, perché loro ci sopravvivono. Ecco un foglio che si lamenta e geme come fosse un ronzio d’insetti in una notte estiva. Ecco un foglio che lo stile dei giorni più gloriosi tanto tempo fa ha perduto, ma che ancora non si è esaurito! Nguyen Chi Trung, daVenti,traduzione di Anna Lombardo, (Samuele Editore, 2014)
Così ballavamo: le vesti bianche delle madri ci traboccavano dai piedi, fine agosto ci mutava in rosso cupo le mani. & così amavamo: una bottiglia di vodka & un pomeriggio in soffitta, le tue dita tra i miei capelli – i miei capelli foresta in fiamme. Ci tappavamo le orecchie & l’accesso d’ira di tuo padre si mutava in palpiti del cuore. Quando le nostre labbra si toccavano, il giorno si serrava in una bara. Nel museo del cuore due persone senza testa erigono una casa che brucia. C’era sempre un fucile appeso al caminetto. Sempre un’altra ora da ammazzare – per poi implorare un dio di restituircela. Se non la soffitta, la macchina. Se non la macchina, il sogno. Se non il ragazzo, i suoi vestiti. Se non vivo, metti giù il telefono. Perché l’anno è un percorso compiuto in cerchio. Insomma: abbiamo ballato così: da soli in corpi dormienti. Insomma: abbiamo amato così: un coltello sulla lingua che si muta in lingua.
Le buone notizie non vengono stampate. Le buone notizie le stampiamo noi. Ne tiriamo un’edizione speciale ogni momento e vorremmo che la leggessi. La buona notizia è che sei vivo e che l’albero di tiglio è ancora lì, e svetta saldo nel rigido inverno. La buona notizia è che hai splendidi occhi che toccano il blu del cielo. La buona notizia è che il tuo bambino è lì davanti a te, e che tu hai due braccia disponibili.
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