Scale, scale esistono dopo lo sgambetto e i gradini, come labbra dure, ricordano la somma dei cateti, una rossa toga ricamata nel corridoio, nella via secondaria che apre il mondo, ecco, senza più vendetta, un anno guardato e solo: da spacchi bui voi ritornate, convogli a cui mancava il mio pensiero, per terra.
Gualtiero De Santi I sentieri della notte Figure e percorsi della poesia italiana al varco del millennio Crocetti Editore 1997
Ti vorrei così, confuso e insicuro, come un bambino attaccato alla gonna della madre consumato come la pallina del cane sempre per terra, sempre nel posto dove non l’aspetti come un pallone dopo la partita, la tua, mascula e prepotente, senza vinti né vincitori. Ti vorrei, insomma, per inciampare… Natalia Bondarenko (Kiev, 1961), da Terra altrui (Samuele Editore, 2012)
Di’ la storia, o diva, della lucerna, garante d’amori nascosti, e del barcaiolo, che nella notte traghettava da sponda a sponda le nozze, e dello sposalizio di tenebra, che Aurora senza fine giammai scorse, e di Sesto e di Abido… dove fu, notturno, lo sposalizio d’Ero; sento dire di Leandro, che nuotava, nuotava… e della lampada, lampada ambasciatrice, intermediaria di dea dell’amore, aralda d’Ero, la sposa della notte, lampada, fautrice di nozze, ah lampada fregio d’amore, che forse astrale Zeus faceva bene a unire al gruppo delle stelle, dopo le notti della sfida, e intitolarla “astro degli amori, valletta delle nozze”, perché fu lì, a reggere le fila dell’amore dolente delirio e protesse la storia del connubio dalle notti bianche, prima che raffica truce, ostica, esplosiva esplodesse… Adesso duetta con me, che faccio Poesia di quella fine insieme, della lampada che si spegneva, e di Leandro che si perdeva. Da Ero e Leandro, vv. 1-15
Traduzione di Ezio Savino
Poesia n. 223 gennaio 2008 20 anni 500 poesie sulla poesia
Ma forse facevamo soltanto finta di non sapere niente. Forse così era più facile, di fronte all’enormità dell’esperienza, di fronte alle sofferenze (sofferenze altrui, in generale). Forse c’era in questo addirittura un po’ di pigrizia e un briciolo di indifferenza ostentata. Forse pensavamo: meglio essere un tardo epigono di Socrate piuttosto che riconoscere che qualcosa tuttavia sappiamo. Forse nelle lunghe passeggiate, quando ci si disvelavano la terra e gli alberi, quando cominciavamo a capire qualcosa, avevamo paura del nostro coraggio. Forse il nostro sapere è amaro, troppo amaro, come le grigie fredde onde del Mare del Nord, che ha risucchiato già così tante navi, ma continua ad essere affamato. Traduzione di Marco Bruno Poesia n. 310 Dicembre 2015 Adam Zagajewski. L’inventario e l’enigma A cura di Valerio Cuccaroni
Il leone è colui che emana fiori di sangue, baffuto Maupassant, la morte con la criniera, inspira col respiro le belle donne oltre le sbarre e lecca la soave durezza dei loro ventri. I loro capelli fluttuano attraverso il ferro, i loro fianchi si muovono, tremanti, le loro dita nella criniera, come in un bosco, sono camosci pavidi, goccioline amare, le gole di cristallo, gli occhietti fumosi, le lingue vivaci… S’intreccia un dolce sospiro nella criniera, urlano le leonesse, impallidiscono i giovani.
ed ecco ci siamo tutti riuniti l’intera famiglia quando gli inservienti del cimitero hanno reciso un raggio incerto dietro l’ultimo di noi ci siamo rincontrati come negli ultimi tempi del gioco in borsa delle corse in carrozza dei balli domenicali al club fuori città siamo coricati sul pavimento duro sotto una coppa di marmo pesante per le foglie secche e l’acqua piovana comunque in compagnia dignitosa a destra un magnate dello zucchero a sinistra un tenore d’opera non sentiamo l’acqua che scorre il vento che sibila ma a volte in una notte sorda tremiamo quando i giovani intonano una canzone indolente ritornando nei sobborghi operai a ora tarda dal ballo
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