Archivi tag: Poesia ucraina

Tu sei come giorno di primavera

Kazimierz Wierzynski

Kazimierz Wierzynski

 

Scale, scale esistono dopo lo sgambetto
e i gradini, come labbra dure, ricordano
la somma dei cateti, una rossa toga ricamata
nel corridoio, nella
via secondaria che apre il mondo,
ecco, senza più vendetta, un anno
guardato e solo:
da spacchi bui
voi ritornate, convogli
a cui mancava il mio pensiero, per terra.

Gualtiero De Santi
I sentieri della notte
Figure e percorsi della poesia italiana al varco del millennio
Crocetti Editore 1997

Ti vorrei così

Natalia Bondarenko

Natalia Bondarenko

 

Ti vorrei così,
confuso e insicuro,
come un bambino attaccato alla gonna della madre
consumato come la pallina del cane
sempre per terra, sempre nel posto dove non l’aspetti
come un pallone dopo la partita, la tua,
mascula e prepotente,
senza vinti né vincitori.
Ti vorrei, insomma,
per inciampare…
Natalia Bondarenko (Kiev, 1961), da Terra altrui (Samuele Editore, 2012)

Sul ramo

Kazimierz Wierzynski

Kazimierz Wierzynski

 

Di’ la storia, o diva, della lucerna, garante d’amori
nascosti,
e del barcaiolo, che nella notte traghettava da sponda
a sponda le nozze,
e dello sposalizio di tenebra, che Aurora senza fine
giammai scorse,
e di Sesto e di Abido… dove fu, notturno, lo sposalizio
d’Ero;
sento dire di Leandro, che nuotava, nuotava…
e della lampada,
lampada ambasciatrice, intermediaria di dea dell’amore,
aralda d’Ero, la sposa della notte, lampada, fautrice
di nozze,
ah lampada fregio d’amore, che forse astrale Zeus
faceva bene a unire al gruppo delle stelle, dopo le notti
della sfida, e intitolarla “astro degli amori, valletta
delle nozze”,
perché fu lì, a reggere le fila dell’amore dolente delirio
e protesse la storia del connubio dalle notti bianche,
prima che raffica truce, ostica, esplosiva esplodesse…
Adesso duetta con me, che faccio Poesia di quella fine
insieme,
della lampada che si spegneva, e di Leandro
che si perdeva.
Da Ero e Leandro, vv. 1-15

Traduzione di Ezio Savino

Poesia n. 223 gennaio 2008
20 anni
500 poesie sulla poesia

 

 

 




Rose Ausländer Separazione

Rose Ausländer

Rose Ausländer

 

Ma forse facevamo soltanto finta di non sapere niente.
Forse così era più facile, di fronte all’enormità
dell’esperienza,
di fronte alle sofferenze (sofferenze altrui, in generale).
Forse c’era in questo addirittura un po’ di pigrizia
e un briciolo di indifferenza ostentata. Forse pensavamo:
meglio essere un tardo epigono di Socrate
piuttosto che riconoscere che qualcosa tuttavia sappiamo.
Forse nelle lunghe passeggiate, quando ci si disvelavano
la terra e gli alberi, quando cominciavamo a capire
qualcosa,
avevamo paura del nostro coraggio.
Forse il nostro sapere è amaro, troppo amaro,
come le grigie fredde onde del Mare del Nord,
che ha risucchiato già così tante navi,
ma continua ad essere affamato.
Traduzione di Marco Bruno
Poesia n. 310 Dicembre 2015
Adam Zagajewski. L’inventario e l’enigma
A cura di Valerio Cuccaroni

 

 

 

 




La gabbia con il leone

Victor Neborak

Victor Neborak

 

Il leone è colui che emana fiori di sangue,
baffuto Maupassant, la morte con la criniera,
inspira col respiro le belle donne oltre le sbarre
e lecca la soave durezza dei loro ventri.
I loro capelli fluttuano attraverso il ferro,
i loro fianchi si muovono, tremanti,
le loro dita nella criniera, come in un bosco,
sono camosci pavidi, goccioline amare,
le gole di cristallo, gli occhietti
fumosi, le lingue vivaci…
S’intreccia un dolce sospiro nella criniera,
urlano le leonesse, impallidiscono i giovani.

il sepolcro

Jurij Andruchovic

Jurij Andruchovic

 

ed ecco ci siamo tutti riuniti l’intera famiglia
quando gli inservienti del cimitero hanno reciso
un raggio incerto dietro l’ultimo di noi
ci siamo rincontrati come negli ultimi tempi
del gioco in borsa
delle corse in carrozza
dei balli domenicali al club fuori città
siamo coricati sul pavimento duro
sotto una coppa di marmo
pesante per le foglie secche e l’acqua piovana
comunque in compagnia dignitosa
a destra un magnate dello zucchero
a sinistra un tenore d’opera
non sentiamo l’acqua che scorre il vento che sibila ma
a volte in una notte sorda tremiamo
quando i giovani intonano una canzone indolente
ritornando nei sobborghi operai
a ora tarda dal ballo