L’estate è un sentiero che costeggia il dirupo, trasparenza d’acqua fra le isole sparse, pietre del lampo e caverne che uniscono la spiaggia con l’orizzonte. Nell’entroterra, c’è chi porta agli altri il mare nello sguardo, gocce di sabbia nei boccioli del sogno. L’estate è un ragazzo dagli occhi chiari, un lunedì di febbraio, nel pomeriggio in un bar di Madrid.
Esigenze dell’età
Dicono che l’ultima cosa che si perde è la speranza,
ma se hai perso il senso dell’umorismo,
a che ti serve la speranza?
Ho il doppio dei tuoi anni
dormo la metà di te
fumo tre volte di più
ogni giorno guadagno la pazienza che ogni giorno tu perdi,
e credi ancora che noi siamo anime gemelle…?
Dopo l’amore arriva sempre il sonno
e mentre tu russi io divoro sigarette,
la tua ansia ha un limite
la mia una fine.
Quando perderai il sonno
scoprirai che l’amore è sempre
un’altra cosa,
ciò che per te è un mito
per me è solo una leggenda.
E’ l’età quella che non perdona
non ammette crediti, restituzioni o cessioni,
possiamo condividere una vita
ma della morte dovremo ridere da soli.
Crediamo, amore mio, che quei paesaggi rimasero addormentati o morti con noi nel tempo in cui li abitammo; che gli alberi perdessero la memoria e che le notti andassero via, dando all’oblio quello che fece loro belle e forse immortali.
Se tu sapessi che quel grande singhiozzo che stringi tra le tue braccia, che quella lacrima che tu asciughi baciandola, vengon da te, sono te, dolore di te mutato in lacrime mie, singhiozzi miei! Allora non chiederesti più al passato, ai cieli, alla fronte, alle lettere, che cosa ho, perché soffro. E tutta silenziosa, con quel denso silenzio, della luce e del sapere, mi baceresti ancora, e desolatamente. Con la desolazione di chi al fianco non ha altro essere, un dolore estraneo; di chi è solo ormai con la sua pena. Volendo consolare in un altro chimerico il gran dolore ch’è suo.
Ti si sta vedendo l’altra. Somiglia a te: i passi, la stessa fronte aggrondata, gli stessi tacchi alti tutti macchiati di stelle. Quando andrete per la strada insieme, tutte e due, che difficile sapere chi sei, chi non sei tu! Così uguali ormai, che sarà impossibile continuare a vivere così, essendo tanto uguali. E siccome tu sei la fragile, quella che appena esiste, tenerissima, sei tu a dover morire. Tu lascerai che ti uccida, che continui a vivere lei, la falsa tu, menzognera, ma a te così somigliante che nessuno ricorderà tranne me, ciò che eri. E verrà un giorno – perché verrà, sì, verrà – in cui guardandomi negli occhi tu vedrai che penso a lei e che la amo: e vedrai che non sei tu.
Tu non le puoi vedere io, si. Terse, rotonde, tiepide. Lentamente vanno al loro destino; lentamente, per indugiare più a lungo sulla tua carne. Vanno verso il nulla; non sono che questo, il loro scorrere. E una traccia, verticale, che si cancella subito. Astri ? Tu non le puoi baciare. Le bacio io per te. Sanno; hanno il sapore dei succhi del mondo. Che gusto nero e denso di terra, di sole, di mare! Restano un istante nel bacio, indecise fra la tua carne fredda e le mie labbra; infine io le prendo. E non so se erano davvero per me. Perché io non so nulla. Sono stelle, o segni, sono condanne o aurore? Nè guardando nè coi baci ho imparato che cos’erano. Ciò che vogliono resta là indietro, tutto ignoto. E così pure il loro nome. (Se le chiamassi lacrime nessuno mi capirebbe).
Di’, ti ricordi dei sogni? quand’erano proprio lì, davanti? Che distanza, in apparenza, dagli occhi! Sembravano alte nuvole, fantasmi senza un appiglio, orizzonti irraggiungibili. Ora guardali, con me, eccoli dietro di noi. Se erano nuvole, siamo su nuvole più alte. E se orizzonti, lontani, ora per vederli, bisogna voltar la testa perché li abbiamo passati. Se erano fantasmi, senti sulle palme delle mani, sulle labbra, quell’orma ancora calda dell’abbraccio in cui smisero di esserlo. Ci troviamo all’altro lato di quei sogni che sogniamo, da quel lato che si chiama la vita che si è compiuta. E ora, da tanto aver realizzato il nostro sognare, il nostro sogno è in due corpi. E non bisogna guardarli, senza che uno veda l’altro, da lontano, dalle nuvole, per ritrovarne altri nuovi che ci spingano alla vita. Guardandoci faccia a faccia, vedendoci nel già fatto sboccia da quelle gioie compiute ieri, la gioia futura che ci chiama. E un’altra volta la vita si sente un sogno tremante, ed appena nato.
Sarai, amore, un lungo addio che non finisce? Vivere, dal principio, è separarsi. Già fin dal primo incontro con la luce, e le labbra, il cuore percepisce quell’angoscia… di dover esser cieco e solo un giorno. Miracoloso ritardo, l’amore, del suo termine stesso: è prolungare il fatto magico, che uno e uno siano due, di contro alla prima condanna della vita. Con i baci, col dolore e col petto si conquistano, in affannose zuffe, godimenti che sembrano giochi, o giorni, terre, spazi favolosi, la grande disgiunzione che è in attesa, sorella della morte o proprio morte. Ogni bacio perfetto scosta il tempo, lo getta indietro, amplia il mondo breve dove ancora è possibile baciare. Non ha il suo culmine l’amore quando arriva o si trova: ma nella resistenza a separarsi dove si può sentire, altissimo, nudo, tremante. Nè la separazione è quel momento in cui le braccia, o voci, con segni materiali si congedano. E’ di prima, di dopo. Se si stringono mani, se si abbraccia, non è mai per dividersi, ma perchè l’anima alla cieca sente che la forma possibile di stare insieme è un lungo, e chiaro congedo. E che è l’addio ciò che è più sicuro.
La realtà è un sogno. Se sogniamo che la pietra è pietra, questo è la pietra. Ciò che scorre nei fiumi non è acqua, è un sognare, l’acqua, cristallina. La realtà traveste il sogno, e dice: “Io sono il sole, i cieli, l’amore”. Ma mai si dilegua, mai passa, se fingiamo di credere che è più che un sogno. E viviamo sognandola.
I cieli sono uguali, azzurri, grigi, neri si ripetono sopra l’arancio o la pietra: guardarli ci avvicina. Annullano le stelle, tanto sono lontane, le distanze del mondo. Se noi vogliamo unirci, non guardare mai avanti: tutto pieno di abissi, di date e di leghe. Abbandonati e galleggia sopra il mare o sull’erba, immobile, il viso al ciel. Ti sentirai calare lento, verso l’alto, nella vita dell’aria. E ci incontreremo oltre le differenze invincibili, sabbie, rocce, anni, ormai soli, nuotatori celesti, naufraghi dei cieli.
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