Nina Cassian
Poeti
i misteriosi,
gli schietti,
una scatola cranica per elmo,
per scudo un velo di cellofan,
poeti,
queste specie, queste seppie
che si difendono
schizzando inchiostro.
Poeti
i misteriosi,
gli schietti,
una scatola cranica per elmo,
per scudo un velo di cellofan,
poeti,
queste specie, queste seppie
che si difendono
schizzando inchiostro.
Sto nel tuo verone tuo… La notte e chiara.
Su di me rami d’alberi si sporgon,
Gran rami in fiori d’ombra mi avvolgon,
Il vento scuote gli alberi nel prato.
Ma per la tua finestra sto mirando
Come tu scruti il lume con lo sguardo.
Ti sei stancata, con la fine mano
Sciogliendo in onda d’oro le tue chiome.
Le hai gettate su omeri di nave,
Sognando slacci il tuo camicino,
Ti levi piano e soffi sul lumino…
Tra rami su di me fremon le stelle,
Nel buio il mio sguardo si annulla,
E accanto batte ai vetri triste luna.
Le tende ormai calate,
Siedo al tavolo d’ abete,
Nel camin crepita il fuoco,
Mentre vo sopprapensiero.
Nella mente vanno a stuoli
Dolci inganni. E ricordi
Stridon lievi, come grilli
Tra annosi neri muri.
Oppur piovono nell’ alma
E si frangon grevi e tristi
Come gocciola la cera
Ai piedi di Gesù Cristo.
Nella stanza ai cantoni
Pendono le ragnatele,
E tra i libri a cataste
Frusciano furtivi i topi.
E in questa dolce quiete
Alzo gli occhi al plafone
E li ascolto rosicchiare
Dure copertine e fogli.
Quante volte ebbi in mente
D’ appender la lira al chiodo,
Metter fine alla poesia,
Metter fine al deserto;
Ma allora grilli, topi,
Con il loro picciol passo,
Mi riportan la tristezza
Che sempre in verso muta.
Qualche volta. . . Raramente. . .
Che pel lume stesso è tardi,
Sento il cuor rabbrividire
Se il saliscendi stride. . .
Ecco Lei. Per quanto vuota
La casa se ne riempie,
Nel telaio di sventura,
Qual icona, ecco, splende.
E m’ indispettisce il tempo
Che non ferma il suo correr,
Quando insieme sussurriamo,
Le mani le labbra giunte.
Nel mezzo dell’estate
le foglie riarse impongono
la loro grinzosa durata.
Graffiano la tovaglia,
si rimpiattano a volte dietro
le nuove generazioni
e poi, d’un tratto, scoprono i loro volti di megera,
dal ghigno giallognolo-caffè.
Nell’avvizzire sono assai costanti,
assai coerenti nell’aggressività.
Dirò questo soltanto:
le foglie tenaci hanno becchi e artigli.
Come quasi tutti noi
invecchiano male.
Come alcuni di noi
sono immortali.
Vedi, le rondini se’n vanno,
Si spoglia il noce dalle foglie,
La brina copre i vigneti,
Perché non vieni ancor, perché?
Oh vieni ancor tra le mie braccia,
Guardarti,io,mai sazio
Dolce appoggiar il mio capo
Sul tuo seno, Sul tuo seno!
Ricordi come al tempo che
Per valli erravam, per piani,
Ti sollevaro, t’abbracciavo,
Oh, tante volte, tante volte?
In questo mondo ci son donne
Con gli occhi-fonte di faville-
Per quanto sian lor sublimi
Non sono come te, non sono!
Che tu puoi sempre rischiarare
La vita di quest’ alma mia,
Sei piu brillante d’ogni stella,
Amore mio, mio amore!
Qua si attarda ancor l’autunno,
Le foglie cadon sui sentieri,
I seminati son deserti…
Perché non vieni ancor, perché?
Per quanto avessi a soffrire
Nel lungo straniare,
Nel sogno ti ho sempre vista,
Con luna, sull’onde del mare.
Sul cupo mare ti ho cercato,
Dalle lontane sponde,
E solo tu ti sei mostrata
Sul mare, con luna, dall’onde.
Senpre il tuo dolce volto
E blando per me spunta,
La tua cera biondeggiante,
Dall’onde del mare, con luna.
“Oh, rimani ancor, rimani,
Io ti voglio tanto bene!
Tutti i tuoi desii
Ascoltare so sol io.
Nelle tenebre dell’ombra
Quale principe m’appari
Che contempla l’acqua fonda
Con neri occhi innocenti,
Nello scroscio delle onde,
Nel fremir dell’alte erbe,
Io ti faccio udir l’arcano,
Il sommesso andar dei cervi.
Io ti vedo ammaliato
Sussurrar con lieve voce,
Stendere il nudo piede
Nello splendere dell’onde.
Comme guardi a luna piena
Il barbaglio sui laghi,
I tuoi anni istanti sembran,
Sembran evi i dolci istanti”
La selva cosi mi disse,
Volte su me dimenando;
Zufolai a quel richiamo,
Sorridendo, fra i campi.
Non voglio ricco avello
Bandiere e canti
Bensi un verde letto
Di teneri rami.
E dietro a me nessuno
Mi pianga al capo.
Al tardo fogliame
Dia voce solo il vento.
Nel calmo tramonto
Mi sotterriate mentre
A stento stuoli volan
All’orlo del mare.
Mi sia il sonno lieve,
Fratello il bosco,
Un ciel sereno splenda
All’acque eterne
Che da vallee fonde
Si alzan agli orli,
Con braccia di onde
A scavalcar gli scogli-
E sussurran sempre,
In schiume ricadendo,
E sopra gli abeti
Affiori la luna.
Faville dolci versi
La onnisciente,
I tigli su di me
Si spoglin del fiore.
Non piu ramingo io.
Mi resta un sol desio:
Nel calmo tramonto
Morir col vostro oblio
All’orlo del mare;
Mi sia il sonno lieve,
Il bosco fratello,
Sulle distese acque
Mi sia il ciel sereno.
Bandiere non voglio
Ne feretro fiero
Bensi un verde letto
Di teneri rami.
E dietro a me nessuno
Mi pianga al capo,
Dia voce sol l’autunno
Al tardo foglime.
Per sempre irrequiete
Ruzzolino polle,
Il plenilunio sfiori
Le cime d’abeti.
Pervada il sonaglio
Il vento che annotta,
Su me il tiglio santo
Si spogli la fronda.
Poiche d’allor innanzi
Rammingo non andro,
M’innevera il ricordo
Da caro compagno.
Esperi che emergon
Da ombre d’abeti
Essendomi amici
Ancor sorrideran.
Va gemer di patemi,
Del mare il cupo canto…
Io polvere saro
Di solitudine.
Lontano son da te e solo presso il fuoco,
Nel mio pensier trascorro la sventurata vita.
Ottant’anni mi pare vissuto fossi al mondo,
Qual verno fossi vecchi, che tu ti fossi estinta.
Le ricordanze piovon a gocce nel mio cuore
Risuscitando il nulla di vanita passate;
Con sue dita bussa il vento alle finestre,
Il fil di dolci fiabe si fila nella mente,
Allor a me innanzi tra nebbie quasi appari,
I grandi occhi molli, le fredde mani frali,
Le braccia sporte in alto il mio collo cingi,
Volessi quasi dirmi qualcosa, poi sospiri…
Al petto stringo i beni d’amor e di bellezza,
Nei baci uniamo le nostre vite meste…
Oh! il ricordo resti per sempre senza voce,
Per sempre scordi ch’ebbi quell’attimo di sorte,
Che poi dalle mie braccia ti svincolasti ratto…
Sarò cadente, solo, sarai morta da tanto!