Tacito orror di solitaria selva di sì dolce tristezza il cor mi bea, che in essa al par di me non si ricera tra’ i figli suoi nessuna orrida belva. E quanto addentro più il mio piè s’inselva, tanto più calma e gioia in me si crea; onde membrando com’io la godea, spesso mia mente poscia s’inselva. Non ch’io gli uomini abborra, e che in me stesso mende non vegga, e più che in altri assai; nè ch’io mi al buon sentier più appresso; ma non mi piacque il vil secol mai: e dal pesante regal giogo oppresso, sol nei deserti tacciono i miei guai.
Solo, fra i mesti miei pensieri, in riva al mar là dove il tosco fiume ha foce, con Fido il mio destrier pian pian men giva; e muggìan l’onde irate in suon feroce. Quell’ermo lido, e il gran fragor mi empiva il cuor (cui fiamma inestinguibil cuoce) d’alta malinconia; ma grata, e priva di quel suo pianger, che pur tanto nuoce. Dolce oblio di mie pene e di me stesso nella pacata fantasia piovea; e senza affanno sospirava io spesso: quella, ch’io sempre bramo, anco parea cavalcando venirne a me dappresso… Nullo error mai felice al par mi fea.
S’ io t’amo? oh donna! io nol dirìa volendo,. Voce esprimer può mai quanta m’inspiri Dolcezza al cor, quando pietosa giri Ver me tue luci, ove alti sensi apprendo? S’io t’amo? E il chiedi? e nol dich’io tacendo? E non tel dicon miei lunghi sospiri; E l’alma afflitta mia., che par che spiri, Mentre dal tuo bel ciglio immobil pendo? E non tel dice ad ogni istante il pianto, Cui di speranza e di temenza misto, Versare a un tempo, e raffrenare io bramo? Tutto tel dice in me : mia lingua intanto Sola tel tace, perchè il cor s’è avvisto, Ch’a quel ch’ei sente, è un nulla il dirti: Io t’amo.
Sublime specchio di veraci detti, mostrami in corpo e in anima qual sono: capelli, or radi in fronte, e rossi pretti; lunga statura, e capo a terra prono; sottil persona in su due stinchi schietti; bianca pelle, occhi azzurri, aspetto buono; giusto naso, bel labro, e denti eletti; pallido in volto, più che un re sul trono: or duro, acerbo, ora pieghevol, mite; irato sempre, e non maligno mai; la mente e il cor meco in perpetua lite: per lo più mesto, e talor lieto assai, or stimandomi Achille, ed or Tersite: uom, se’ tu grande, o vil? Muori, e il saprai.
Sublime specchio di veraci detti, mostrami in corpo e in anima qual sono: capelli, or radi in fronte, or rossi pretti; lunga statura, e capo a terra prono; sottil persona in su due stinchi schietti; bianca pelle, occhi azzurri, aspetto buono; giusto naso, bel labbro, e denti eletti; pallido in volto, più che un re sul trono: or duro, acerbo, ora pieghevol, mite; irato sempre, e non maligno mai; la mente e il cor meco in perpetua lite: per lo più mesto, e talor lieto assai, or stimandomi Achille, ed or Tersite: uom, se’ tu grande, o vil? Muori, e il saprai.
Solo nove colori per la finestra schiusa i quadri storti, un tavolo, sul tavolo una brocca, un catino e certo canfora nel cassetto, due sedie vuote e un letto dove non si può dormire ma morire sì. Ah sì morire, per troppa pienezza di tutti quei campi assolati, per la crudeltà di quel giallo ancora caldo, quando Vincent l’ha messo sulla tela. Valeria Rossella (Torino, 1953), da La città di Kitež (Aragno, 2012)
Lode eterna al Re de’ Cieli Che m’ha dato questa mente, Che lo immagina, che il sente, Che parlargli e udirlo può! Morte, invan brandisci il ferro: Di che mai tremar degg’io? Sono spirito, e spirito è Dio; Nel suo sen mi salverò.
Spesso la notte faccio simili pensieri quando lieve tu mi dormi accanto mi domando cosa ci leghi all’ultimo pianeta o se l’universo produca un suono o se il tempo non sia un imbroglio e in realtà noi ci dobbiamo ancora amare. Io so che tutte le domande hanno un nome. Silvia Caratti (Cuneo, 1972) da La trama dei metalli (LietoColle, 2001)
Fiammelle grandinano sul velluto di una notte di giustizia, non vera sotto il flagello aquilonare, cera di figurine sciolta dentro il muto avvolgersi dei bisbigli – e l’imbuto dell’ombra accoglie una luce straniera, spigoli d’apparizioni in rivera celeste – appassito, vinto, ho giaciuto nel silenzio umido di carnevali adolescenti, trasparenti le ali. Roberto Rossi Precerutti Rimarrà El Greco Crocetti Editore 2015 Novità
Capanne e un’alta veste illuminata mentre nell’azzurro le opache ali formano strumenti e miti animali per il canto fra i rovi, profumata di rugiada è la pietra preparata per l’amoroso sacrificio: calino venti e rapine, ora poveri mali spiantino rive e menti, e si è spezzata su quinte deliziose la saetta di quello sguardo che destando ammuta come per via di un suo lume rinchiuso. Dona il battito una pietà perfetta di foglie e torce al giorno che ti ha illuso facendoti splendente e sconosciuta.
Roberto Rossi Precerutti Rovine del cielo Crocetti Editore 2005
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