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Un mosaico umano

Alessia Iuliano

Alessia Iuliano

 

Nella folla, la mia folla
che vocia e fa ressa
capita trovarsi margine
estraneo ai luoghi comuni
restio alle abitudini
eppure guerriero
tempra di cento battaglie
pronto allo stremo
allo scontro allo sfascio.
Tra gente che corre distratta
è ancora salvezza
un granello di idea
una scheggia che sfavilla
ed infiamma la notte
un’unghia spezzata
che graffia l’indifferenza
una spina che s’inarca
e ricuce il dolore.
Sprezzo le icone viventi
padrone del male
e mi contento di essere
un frammento d’umanità
che sorge all’istante
resiste e si ricompone.

Non c’è verso

Alessia Iuliano

Alessia Iuliano

 

Sono fragili le frontiere
dell’Africa maghrebina
liquide come il sangue
che oggi dissolve dittature
e nelle vene del mare
fa scorrere barche di fuga
ricerca/angoscia di salvezza.
Africa madre terra
Mediterraneo altro genitore
da sempre vegliate su figli
che hanno secchezza di gola
miserie di fame e sete
per aridità d’anima
che è vento di sabbia al futuro.
Oggi la rabbia avvampa
tra fuochi beduini
di carovane e tende al deserto
tra focolari di tetti infuocati di huria
da Algeri a Bengasi al Cairo
voglia di uguaglianza
conquista di cielo in terra
oltre le promesse di Allah.
Mercenari di guerre fallite
hanno mani di rapina
e cuore barbaro crudele
sordo e cieco alle ragioni di rivolta
greggio dell’anima
che infiamma Tripoli.
Tirannia accresce l’agonia.
La guerra è furia assassina
madre detestata rifiuta i figli
sfonda le porte
sventra donne e case
e tormenta gli uomini
con ripetute stagioni di dolore.
Non c’è verso
ad invocare pace
con parole doppie
abusive del senso del cielo
fosco ostile violento
tonante di corse di uccelli di fuoco
angeli di ogni maledizione.

Marinai di terra

Alessia Iuliano

Alessia Iuliano

 

Qui c’è la nostra terra
rosari di paesi
grani di ogni mistero
tra monti e valli
dove il verde è regno
che traballa al tisico dei giorni
dubbi in successione
lebbra d’attese.
Nervi tesi a torri e tralicci
seminano onde
serpi con denti di magnete
più dannosi della furia
dell’Oceano
e svuotano la fede
di marinai di terra
profughi di sole
orfani di acqua e sale.
Nervi tesi pelli di tamburo
battono con forza
note di dissenso.
S’alza l’urlo al silenzio
e ricaccia nei recinti
la paura e i suoi vivi fantasmi.
Mani sudate
intrecciano attese e dubbi
e levano al cielo
palmi e pugni
di ogni riserbo e fattura.
Compagna al disappunto
s’adatta cosciente la voce.

Lu nòm’ mì

Nicola Gardini

Nicola Gardini

 

Papannònn’ N’còl’
mangh lu nòm’ sì sapèva fà.
‘Na cròc’ arfacèv’
quand’ avèv’a fà n’affàr’.
E ch’ c’ vulèv’ a ‘mbarà
N I C O L A ?
Lassa pèrd’ lu cugnòm’…
N còm’ la vì p’ lu màr
I còm’ lu còrz’ d’ P’tacciàt’
C còm’ la falc’ p’ la jèrv’
O còm’ na m’lèll’
L còm’ lu pèd d’ la gallìn’
A còm’ l’ còss’ sòtt’alla gonnìn’
Quand’ z’è mmòrt’,
nonnò j’à miss’ annanz’ ddù ang’l’,
nu sacc’ d’ fiur’ e llu lumìn’,
ma mangh ‘na cròc’.

Lo spino bianco / la poesia alle elementari

Umberto Piersanti

Umberto Piersanti

 

Le lunghe bacche rosse splendono
intatte quando l’ottobre entra,
i cieli sono i più azzurri
dell’anno, ma freddi e brevi,
porta pace lo spino
gli agnelli bianchi brucano foglie
e frutti, dormono al ceppo
ma quando viene la bruma
nera e spessa
e scolora le bacche, cascano secche
spegne malva e falasco
fa l’acqua nera
escono allora le anime dai rami
girano come fuochi quasi spenti
ma solo chi è malvagia lascia lo spino
se c’è uno che passa
quando annotta
dovrà seguirla
e perdere la strada.
Umberto Piersanti (Urbino, 1941), da I luoghi persi (Einaudi, 1999)

I tulipani

Nicola Gardini

Nicola Gardini

 

Le nostre vite erano già cambiate.
Apro una parentesi. Come fa quel signore
a essere così bello? Ti ho chiesto di fermarmi,
non capisci, parlagli o mi metto a rompere
i tulipani. Li avevo dimenticati. Che pretendono
così rapidi, guardali, richiusi intorno alla mia
casa, petalo a petalo, e così neri, d’accordo, così
eleganti, ma deve proprio sembrare un fiore
quel fiore che non volevo e prova per me a
racchiudere qualcosa che escludevo e volevo
come un fiore, che gentile però sembravi
con il sacchetto in mano…Era la pioggia
finalmente, la lama tagliava ancora la prima
volta e qualcuno oltre il muro…Fermami,
almeno fermami. Sì, certo, è verde lassù
e del resto non importa credere che qualcuno
fosse sabato se dobbiamo parlare. Sta’
tranquillo. Partiamo di lì. Io, dunque, sono stato
tuo figlio. Sì, di sabato. Ti ho detto tutto. Mi
prometti adesso che non dirai più che è un buon orario?
Nicola Gardini (Petacciato, 1965), da Le nuvole (Crocetti, 2007)

Convivio

Alessia Iuliano

Alessia Iuliano

 

Fame e sete ci angustiano.
Sono castigo e febbre al nostro esodo
possibile di ogni direzione.
Ma c’è ancora attesa di Pasqua
sosta pellegrina
al tumulto dell’anima
che cerca da sempre risposte al mistero.
Ladroni di buio e luce
ci ritroviamo come grano sempreverde
semi al sepolcro.
A te oggi la mia promessa di alleanza
e l’ospitalità di mensa.

Come il vento

Alessia Iuliano

Alessia Iuliano

 

Al mio tempo che passa
e si consuma pigro sgomento
scarico di memoria e di voce
chiedo compagnia, complicità di vento.
Ovunque la nostra libertà di corsa
porta refoli d’aria
tra fiati/otri sgonfi di respiro
spasmi che allontanano la vita.
La nostra forza di liberare il sole
sfolla recinti di nuvole
alla calura presta sacche di nebbie
e a ogni deserto rovescia linfa e umori.
Al vento chiedo frusta di giustizia
su questa terra spremuta offesa
vuota d’umanità, serva
di profezia di nessun verbo,
erba voglio di legge su misura.
Dal vento, ruffiano in amore,
aspetto favori di voglie e moine
bisaccia di pane e vino
per sazietà di fame a ogni digiuno
per non morire in questa sera confusa
che avanza e dura.
Al vento, che spezza spazza trascina
insemina le zolle e cielo e mare rasserena,
cerco asilo e somiglianza.
Io, aria soffio alito – non più trastullo –
oggi di terra e d’anima mi vesto.
Partigiano del mio tempo respiro resisto
e vivo. Sono vento di fronda.

Certezze

Alessia Iuliano

Alessia Iuliano

 

Aspettiamo un lampo
che ferisca e sfarini
compattezza di nuvole
greggi stipate nell’aria
e che riporti il sole
smorto convalescente
a lesta confortante salute
eccitazione di vita.
Ha veste di fasi
la luna gobba o gonfia
come donna matura
che rinnova stupore di natale.
E le stelle sono
mezzane di cielo
pronte a favorire complici
l’avventura in terra.
Spesso una bussola
è sapienza di guida
per violare il buio
e leggere l’ignoto.
Dal Sud muovono
rotte di naviganti
ma l’ago/direzione Nord
oggi scoraggia il viaggio.
da A PASSO D’UOMO