Sono molte le civette che non sanno altri canti oltre le proprie strida. Li conosciamo, tu ed io, gli impostori che rendono onore solo a un più grande impostore, e portano al mercato la propria testa in un cesto per venderla al primo che passa. Conosciamo il pigmeo che insulta l’uomo del cielo. E sappiamo cosa dice la mala erba della quercia e del cedro. So dello spaventapasseri: le sue sporche e lacere vesti si agitano sul grano e al vento sonoro. So del ragno senz’ali: è per gli esseri alati che intreccia la rete. Conosco gli abili suonatori di corno e di tamburo, che nel loro frastuono non sentono l’allodola né il vento di Levante nella foresta. Conosco quelli che remano contro ogni corrente senza trovare mai la sorgente, e percorrono tutti i fiumi senza osare mai avventurarsi nel mare.
L’amore non dà nulla fuorché sé stesso e non coglie nulla se non da sé stesso. L’amore non possiede, né vorrebbe essere posseduto poiché l’amore basta a all’amore.
I tuoi figli non sono figli tuoi. Sono i figli e le figlie della vita stessa. Tu li metti al mondo ma non li crei. Sono vicini a te, ma non sono cosa tua. Puoi dar loro tutto il tuo amore, ma non le tue idee. Perché loro hanno le proprie idee. Tu puoi dare dimora al loro corpo, non alla loro anima. Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire, dove a te non è dato di entrare, neppure col sogno. Puoi cercare di somigliare a loro ma non volere che essi somiglino a te. Perché la vita non ritorna indietro, e non si ferma a ieri. Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.
Alcuni di noi sono come inchiostro, altri come carta. E se non fosse per il nero di alcuni di noi, altri sarebbero muti. E se non fosse per il bianco di alcuni di noi, altri sarebbero ciechi
Uno sguardo che rivela il tormento interiore aggiunge bellezza al volto, per quanta tragedia e pena riveli, mentre il volto che non esprime, nel silenzio, misteri nascosti non è bello, nonostante la simmetria dei lineamenti. Il calice non attrae le labbra se non traluce il colore del vino attraverso la trasparenza del cristallo.
Lacrima per lavarmi il cuore e illuminarmi sui segreti della vita e sulle cose nascoste. Sorriso per avvicinarmi ai figli dei miei simili; sorriso come segno della gloria che rendo agli dèi.
Ti amo fratello, chiunque tu sia, sia che tu t’inchini nella tua chiesa, o t’inginocchi nel tuo tempio, o preghi nella tua moschea. Tu ed io siamo figli di una sola fede, giacchè le diverse vie della religione, non sono che le dita dell’amorevole mano di un solo Essere Supremo, una mano tesa verso tutti, che offre a tutti l’interezza dello Spirito, ansiosa di accogliere tutti.
Sono così non ho tempo per i rimpianti gioco con i destini, mi annoio facilmente prometto e non mantengo. Inutile cambiarmi: La certezza mi è estranea per l’imbarazzo dell’amore per l’immaginazione perché sono devota solo all’indolenza. Imprevedibili i miei appuntamenti sono una fuga prima del tempo un sole che non basta una notte che mai si schiude sono impetuosi sussulti tra la sete e il dissetarsi. Sono così, un silenzio per raccogliermi, un lento terrore per disperdermi, un silenzio e un terrore per curare una crudele memoria non c’è luce che possa guidarmi: Possiedo solo i miei peccati.
Il silenzio è pena; ma nel silenzio le cose prendono forma, e noi dobbiamo aspettare e vegliare. In noi, nel nostro intimo segreto, si trova l’elemento consapevole che vede e sente ciò che noi non vediamo nè sentiamo. Tutte le nostre percezioni, tutte le azioni da noi compiute, tutto ciò che siamo oggi, un tempo dimoravamo in quei recessi silenziosi e coscienti, sala del tesoro dell’anima. Siamo più di quel che pensiam. Siamo più di quel che sappiamo. Ciò che è più di quel che pensiamo e sappiamo vive in continuo anelito e ci accresce mentre noi non facciamo nulla – o così crediamo. Ma essere coscienti di quel che si svolge nel nostro intimo significa contribuire al suo svolgersi. Quando il subconscio diventa coscienza, i semi del nostro io immerso nell’inverno diventano fiori, e la vita silenziosa che è in noi canta in tutta la sua potenza.
Non lascio che neanche un singolo fantasma del ricordo svanisca con le nuvole, ed è la mia perenne consapevolezza del passato che causa a volte il mio dolore. ma se dovessi scegliere tra gioia e dolore, non scambierei i dolori del mio cuore con le gioie del mondo intero.
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