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Vita della mia vita

Rabindranath Tagore

Rabindranath Tagore

 

Vita della mia vita,
sempre cercherò di conservare
puro il mio corpo,
sapendo che la tua carezza vivente
mi sfiora tutte le membra.
Sempre cercherò di allontanare
ogni falsità dai miei pensieri,
sapendo che tu sei la verità
che nella mente
mi ha acceso la luce della ragione.
Sempre cercherò di scacciare
ogni malvagità dal mio cuore,
e di farvi fiorire l’amore,
sapendo che hai la tua dimora
nel più profondo del cuore.
E sempre cercherò nelle mie azioni
di rivelare te,
sapendo che è il tuo potere
che mi dà la forza di agire.

Una parola

Meena Alexander

Meena Alexander

 

Ci incontrammo in una città in rovina

Oltre l’estate delle nostre vite.

Prima di allora m’impauriva

Una parola – Dio.

Ora la mormoro

Quando le foglie di loto rabbrividiscono all’alba,

La bruma bolle nella pancia del fiume

Un pescespada salta spruzzando alla sua morte,

Io sento le tue mani

Carezzarmi i capelli togliendoli dal viso:

Ci abbracciammo in una casa d’osso

Mentre il leone di Ashoka balzava fuori dall’arenaria

E la rosa dipinta continuava a covare,

I suoi petali stinti in uno specchio opaco.

Un secolo dopo

Imtiaz Dharker

Imtiaz Dharker

 

La campanella di scuola è una chiamata alle armi,
ogni passo verso la classe, un passo verso la linea di tiro.
Ecco il bersaglio, pelle sottile sulla tempia,
la guancia ancora tornita di quindicenne.

Arresa, attorniata,
si prende il proiettile in testa

e va avanti. Il missile apre
un varco nella sua mente, in un frutteto
tutto fiorito, un campo ronzante sotto il sole,
dal grembo aperto e pieno di papaveri.

La ragazza ha vinto
il diritto di essere comune,

mettersi braccialetti a un matrimonio, lo smalto sulle unghie,
andare a scuola. Proiettile, dice lei, sei stupido.
Hai fallito. Non puoi uccidere un libro
o il brusio al suo interno.

Un mormorio, uno sciame. Dietro di lei, una ad una,
le studentesse se ne stanno in piedi
a prendersi il loro posto in prima linea.

Tagore XXII

Rabindranath Tagore

Rabindranath Tagore

 

Del dolore del mondo
ho preso atto nella mia poesia
e del mio volto degli altri.
Ho viaggiato per Paesi
su vagoni piombati
e ho abitato in case
che non avevano finestre.
Ho profetizzato il passato
e al futuro ho scritto una postfazione.
Dei miei sogni è rimasto:
la loro irrealizzabilità.
Noi tutti abbiamo lo stesso nemico, noi stessi,
e la stessa madre, che ci diede
il petto sul quale
morivamo di sete.
Quando arriverà il momento,
mi metterò in cammino
per cercare mio fratello.
Non può essere più tanto lontano.

Traduzione di Nadia Centorbi

Poesia n. 295 Luglio/Agosto 2014
Hans Sahl. I volti dell’esilio
a cura di Nadia Centorbi





Stratega

Arundhati Subramaniam

Arundhati Subramaniam

 

Il trucco da adottare
con un corpo sotto assedio
è far muovere le cose,

farsi giocoliere
nell’istante
in cui tutte le sfere sono in aria,
una vorticosa polka di asteroidi e lune,

conoscere la metrica delle viscere,
calibrando spintoni borborigmi
e brontolii del commercio
nei luoghi dove il sangue
incontra il sentimento.

Paura.
Gelo nelle giunture,
reumatismo primordiale.

Invidia.
Il midollo che gela
in igloo senza finestre.

Rimpianto.
Il tempo si ferma in gola.
Un ricordo che punge come lisca
del mare.

Collera.
Vecchia amica.
Che porti al mondo la notizia
che io esisto.

Il trucco è non costringerti
all’angolo con un nome.
Annaffia le piante.
Fa’ una passeggiata.
Abita il verbo.

Sono la donna che si è svegliata

Meena Alexander

Meena Alexander

 

Sono la donna che si è svegliata
Mi sono alzata
e sono diventata tempesta
fra le ceneri dei miei figli bruciati
I miei villaggi in rovina
e in cenere
mi riempiono di rabbia contro il nemico
Oh compatriota,
non mi guardare più debole e incapace,
La mia voce si mescola
con migliaia di donne in piedi
Per rompere tutte insieme
tutte queste sofferenze
e queste catene.
Sono la donna che si è svegliata,
Ho trovato la mia strada
e non tornerò mai indietro.

Smettila di cantare i tuoi inni

Rabindranath Tagore

Rabindranath Tagore

 

Smettila di cantare i tuoi inni,
di recitare le tue orazioni!
Chi adori in quest’angolo buio
e solitario d’un tempio
le cui porte sono tutte chiuse?
Apri i tuoi occhi e guarda:
non è qui il tuo Dio.
E’ là dove l’aratore
ara la dura terra,
dove lo spaccapietre
lavora alla strada.
E’ con loro nel sole e nella pioggia,
la sua veste è coperta di polvere.
Levati il manto sacro
e scendi con lui nella polvere.
Liberazione?
Dove credi di poter trovare
liberazione?
li tuo stesso signore
ha preso su di sé lietamente
i legami della creazione –
è legato a noi tutti per sempre.
Lascia le tue meditazioni,
abbandona l’incenso e i tuoi fiori!
Che male c’è se le tue vesti
diventano sporche e stracciate?
Va incontro a lui,
sta presso di lui
nel lavoro e nel sudore della fronte.

Qui è il tuo sgabello

Rabindranath Tagore

Rabindranath Tagore

 

Qui è il tuo sgabello
e qui riposa i tuoi piedi
dove vivono i più poveri,
i più umili, i perduti.
Quando a te io cerco d’inchinarmi,
la mia riverenza non riesce ad arrivare
tanto in basso dove i tuoi piedi
riposano tra i più poveri,
i più umili, i perduti.
L’orgoglio non si può accostare
dove tu cammini, indossando
le vesti dei più poveri,
dei più umili e dei perduti.
Il mio cuore non riesce a trovare
la strada per scendere laggiù
dove tu ti accompagni a coloro che non hanno
compagni, tra i più poveri,
i più umili, e i perduti.

Quando mi comandi

Rabindranath Tagore

Rabindranath Tagore

 

Quando mi comandi di cantare, il mio cuore
sembra scoppiare d’orgoglio
e fisso il tuo volto
e le lacrime mi riempiono gli occhi.
Tutto ciò che nella mia vita
vi è di aspro e discorde
si fonde in dolce armonia,
e la mia adorazione stende l’ali
come un uccello felice
nel suo volo a traverso il mare.
So che ti diletti del mio canto,
che soltanto come cantore
posso presentarmi al tuo cospetto.
Con l’ala distesa del mio canto
sfioro i tuoi piedi, che mai
avrei pensato di poter sfiorare.
Ebbro della felicità del mio canto
dimentico me stesso
e chiamo amico te
che sei il mio signore.

Proprietà

Moniza Alvi

Moniza Alvi

 

Dentro di me c’è un nocciolo
come quello che cerca
di riempire il mango.
Dentro c’è l’essenza
di un altro continente.
Temo che qualcuno me lo tolga-
ma come sarebbe
meglio
prenderlo tra le braccia
e scappar via con lui!