da bambina
seduta nel sangue
volevo sapere
cosa resta dei morti
ai cuori ardenti
dei bambini che uccido
ora chiedo
cosa resta di me
che cosa non torna
mai più
*
la mia infanzia fu triste
come un sudario
allora mi sposerà per avere
molti bambini
vedi quella foto? E’ iddio
quando sono morta
*
non ho mai dato un bacio
ho nove anni
domani mi bruciano
viva
lascia che io sieda ne la tua terra inesistente qui è perfetta l’obbedienza * «la nostalgia di te mi ha tolto la vita dolcissima» * io sono la rosa che prega senza respiro il mio sudore è neve infinita sono il bambino in fiamme che porta i fiori sono le mani in fiamme sono i fiori nel fuoco impazziti * mai stata neve mai stato vento – alla fine non c’è mai stato niente
l’aria è pronta tocca la luce – entra guarda – perché è finita tocca la luce annusa la luce come un cane illuminato vede a la sua morte il creato * Angelo dei crampi angelo de le mani tu che non perdoni nostro essere umani tu che non parli ma solo ferire ci doni morire in questa luce sgomento scendi colpisci dammi la morte dammi la morte fai me fiorire come fiore si sente fiorire in suo fiore e si prega e unge nel suo non sapere nel suo non sapere più perchè cadere infinita svanire come bestia sotto stelle di sangue si lascia nel grido soffiare si lascia la mente soffrire per non sapere per non sapere più quale grazia cercare quale luce tremare * Perché non so morire perché non so morire chiedo perdono perché non so morire perché non so dire perché non so morire
“Lascio tutto così –
al tuo ritorno potrai
vedere prenderti cura
della casa
Fa’ piano e scusa
se non ho disseppellito
carte documenti
un po’ di gioia
e messo in ordine
i vestiti
I passi te li lascio
in cucina e in corridoio
la luce non la spengo –
lo so che hai paura”
Nell’ordine delle cose ci sono i pomeriggi e le sere di vento, la casa vuota, la voce al telefono, frasi che andrebbero dimenticate e che ritornano come una febbre leggera sotto alla pelle, alle cinque: un aria appena più densa, qualcosa che riaffiora dal vano sulla soglia. Ma dimmi, cosa importa dei rimpianti? di sotto all’apparenza e alle occasioni c’è solo il lento passare del tempo: gli strappi ce li siamo immaginati, gli sguardi dati e le ultime volte, messi sui giorni come trasferelli, si staccheranno lenti E con grazia la melodia del sintetizzatore suona ogni volta, ma senza rancore, la sigla del game over nel tuo gioco.
Quando il cielo ci pesa come un giorno di troppo e la pioggia cancella coi suoi fili taglienti l’orizzonte disperso nel silenzio dell’aria e la vita ci lascia solo un aspro rimorso allora non fai più poesie, canzoni. Quando piangi nel sonno senza averne ricordo quando l’alba che porta la routine dei saluti sembra un mare di acciaio o di freddo mercurio, sterminato e deserto, sempre uguale a sé stesso allora non fai più poesie, canzoni. Quando il tuo desiderio prende strade diverse, ma di quelle tu adesso non ricordi più il nome; quando l’ansia del vuoto come piombo avvelena la rovina mostruosa delle cose e del tempo allora non fai più poesie, canzoni. Quando anche il dolore è una nausea senz’occhi, senza nere bandiere, senza funebri onori, la corrente trascina piatte nuvole grigie lungo nastri di ore che riavvolgi in silenzio allora non fai più poesie, canzoni. Quanto poi il fallimento o la disillusione ci divora il respiro e ci spenge lo sguardo come fiocchi di ghiaccio in un vento violento, come un’eco che brucia ogni volta più forte allora non fai più poesie, canzoni. (Adesso una malinconia sottile, Esile come Una pioggia estiva che ha il colore di uno sguardo ostile, confonde giorni grigi senza nome e senza storia senza calendario) (diesel in sosta coi motori accesi, musica pop dentro ai bar-latteria, fumo azzurrino e bassa pressione) (tristezza senza altrove, nebbia vela tutto l’orizzonte e le colline) (piombo tetraetile, biossido d’azoto, musica melodica italiana giro di do e di NO2 per quell’erezione triste, ecco cos’era) (la finta rossa di bologna intanto legge assorta sull’autobus astra e getta sguardi di attesa assonnata un po’ al futuro un po’ alla fermata)
Dopo c’è l’aria fresca della sera: intorno sembra tutto rarefatto, distratto dalla gravità leggera fra le nebulose dei desideri, spazi esterni al di fuori di noi, costellazioni estranee sconosciute, galassie lontane e nuovi orizzonti, soli lontani indifferenti e freddi. La musica cifrata delle pulsar, freddezza di gesti e di proporzioni che si ripetono in tempo E in spazio (bombe su Hanoi Baghdad e Belgrado), tracciano architetture e paesaggi come equazioni che rendono chiare le leggi, la p del desiderio capitale: vuoi esaurire i futuri per essere eterno come un deserto di ripetizioni senza un inizio o una fine: ma tu non fermarti / gioca gioca dai… (vuoi vivere per sempre? Per davvero?) Un giorno mi cercherai, ti dirai è ora che tu venga, ma ormai sarò passato come una stagione che declina anche se noi e il clima non vogliamo quando il sole cambia posto attraverso il cielo. Ma importa se moriamo tutti e uno dopo l’altro? È silenziosa e non ha nome né colore Questa guerra che urla e si combatte dentro Che cresce e che attraversa tutti noi negli anni. È grigia e fredda, E non fa rumore quando Spazza le strade e le stanze, I mesi e le ore, I nostri soggiorni E i bui disimpegni, I living Room e gli Appartamenti, Ognuno da solo, Le sale vuote d’attesa, Le nostre stagioni E quelle morte,Le nostre stazioni (e il restare) Riempite di spazio, E sempre più povere e vuote «ridicolo pensare che l’amore possa rispondere all’amore la gente muore intorno tutto qui» One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit) cool song per Georgia Lepore «just like the old days…» Let’s start in style, let’s dance for a while Heaven can wait we’re only watching the skies Hoping for the best, but expecting the worst Are you gonna drop the bomb or not? Alphaville,Forever Young
L’età dell’oro, la flebile arcadia era una festa di sangue, Il cui ricordo non si sotterra, Il caldo odore vischioso che hanno le macellerie d’estate, sporco milione di mosche che tornano sempre. Cent’anni E cento milioni si sono Estinti negli ultimi venti E cinque con l’urlo di tutte le voci dei morti nel pianto del puer divinus che nasce e rinasce (et iam redit virgo) forever young: come piante che crescono sulla carogna portando con sé il cimitero nel bel ritornello della lacuna, il sapore del verme e di Ossa, la muffa, la fine nascosta In fondo alla svista, tutte le volte che ancora morranno I morti. dentro alla festa E dietro alle luci c’è sempre la voce grigia Aggrappata al muro, le cagne del rimorso, la vergogna: altri protegge una notte in cui nulla si compie, il mio passato è un fiume avvelenato. Il fiume portava nell’oscurità sostituendo a vivide immagini i gorghi di luce di ogni passato, gli scorci risolti in vastità fumose, le porte chiuse e dimenticate; poi si cammina per giorni interi immersi nel sangue fino al ginocchio e cento volte uccidendo l’occhio nel grido inumano, nel lampo incessante, nel pianto e nello stridore urbano. Luci spossate scalano il buio nell’esile dolore della pioggia e nel crepuscolo dell’orizzonte gettò un grido rosso sull’orizzonte un cielo ormai tutto violetto, forse una volta un bacio perfetto ora piuttosto sorriso smagliante appena intuito all’orlo di spazi attraversati come un diamante dai cento anni di sangue scarlatto (come il tramonto e la rabbia dentro) One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit) cool song per Georgia Lepore «just like the old days…» Let’s start in style, let’s dance for a while Heaven can wait we’re only watching the skies Hoping for the best, but expecting the worst Are you gonna drop the bomb or not? Alphaville, Forever Young
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