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da luce eterna

Vito Bonito

Vito Bonito

da bambina
seduta nel sangue
volevo sapere
cosa resta dei morti
ai cuori ardenti
dei bambini che uccido
ora chiedo
cosa resta di me
che cosa non torna
mai più
*
la mia infanzia fu triste
come un sudario
allora mi sposerà per avere
molti bambini
vedi quella foto? E’ iddio
quando sono morta
*
non ho mai dato un bacio
ho nove anni
domani mi bruciano
viva

da La vita inferiore

Vito Bonito

Vito Bonito

lascia che io sieda
ne la tua terra inesistente
qui è perfetta
l’obbedienza
*
«la nostalgia di te
mi ha tolto la vita
dolcissima»
*
io sono la rosa che prega senza respiro
il mio sudore è neve infinita
sono il bambino in fiamme
che porta i fiori
sono le mani in fiamme
sono i fiori
nel fuoco impazziti
*
mai stata neve
mai
stato vento –
alla fine non c’è
mai stato niente

da Fioritura del sangue

Vito Bonito

Vito Bonito

l’aria è pronta
tocca la luce – entra
guarda – perché è finita
tocca la luce
annusa la luce
come un cane illuminato
vede a la sua morte
il creato
*
Angelo dei crampi
angelo de le mani
tu che non perdoni
nostro essere umani
tu che non parli
ma solo ferire ci doni
morire
in questa luce sgomento
scendi colpisci
dammi la morte
dammi la morte
fai me fiorire
come fiore si sente
fiorire in suo fiore
e si prega e unge
nel suo non sapere
nel suo non sapere più
perchè cadere infinita svanire
come bestia sotto stelle di sangue
si lascia nel grido soffiare
si lascia la mente soffrire
per non sapere
per non sapere più
quale grazia cercare
quale luce
tremare

*
Perché non so morire
perché non so morire
chiedo perdono
perché non so morire
perché non so dire
perché non so morire

Ordo rerum

Vincenzo Bagnoli

Vincenzo Bagnoli

Nell’ordine delle cose ci sono
i pomeriggi e le sere di vento,
la casa vuota, la voce al telefono,
frasi che andrebbero dimenticate
e che ritornano come una febbre
leggera sotto alla pelle, alle cinque:
un aria appena più densa, qualcosa
che riaffiora dal vano sulla soglia.
Ma dimmi, cosa importa dei rimpianti?
di sotto all’apparenza e alle occasioni
c’è solo il lento passare del tempo:
gli strappi ce li siamo immaginati,
gli sguardi dati e le ultime volte,
messi sui giorni come trasferelli,
si staccheranno lenti E con grazia
la melodia del sintetizzatore
suona ogni volta, ma senza rancore,
la sigla del game over nel tuo gioco.

Love Will parody

Vincenzo Bagnoli

Vincenzo Bagnoli

Quando il cielo ci pesa come un giorno di troppo
e la pioggia cancella coi suoi fili taglienti
l’orizzonte disperso nel silenzio dell’aria
e la vita ci lascia solo un aspro rimorso
allora non fai più poesie, canzoni.
Quando piangi nel sonno senza averne ricordo
quando l’alba che porta la routine dei saluti
sembra un mare di acciaio o di freddo mercurio,
sterminato e deserto, sempre uguale a sé stesso
allora non fai più poesie, canzoni.
Quando il tuo desiderio prende strade diverse,
ma di quelle tu adesso non ricordi più il nome;
quando l’ansia del vuoto come piombo avvelena
la rovina mostruosa delle cose e del tempo
allora non fai più poesie, canzoni.
Quando anche il dolore è una nausea senz’occhi,
senza nere bandiere, senza funebri onori,
la corrente trascina piatte nuvole grigie
lungo nastri di ore che riavvolgi in silenzio
allora non fai più poesie, canzoni.
Quanto poi il fallimento o la disillusione
ci divora il respiro e ci spenge lo sguardo
come fiocchi di ghiaccio in un vento violento,
come un’eco che brucia ogni volta più forte
allora non fai più poesie, canzoni.
(Adesso una malinconia sottile, Esile come Una pioggia estiva
che ha il colore di uno sguardo ostile, confonde giorni grigi senza nome
e senza storia senza calendario) (diesel in sosta coi motori accesi,
musica pop dentro ai bar-latteria, fumo azzurrino e bassa pressione)
(tristezza senza altrove, nebbia vela tutto l’orizzonte e le colline)
(piombo tetraetile, biossido d’azoto, musica melodica italiana
giro di do e di NO2 per quell’erezione triste, ecco cos’era)
(la finta rossa di bologna intanto legge assorta sull’autobus astra
e getta sguardi di attesa assonnata un po’ al futuro un po’ alla fermata)

4’ 25”[All shadows and deliverance]

Vincenzo Bagnoli

Vincenzo Bagnoli

Dopo c’è l’aria fresca della sera:
intorno sembra tutto rarefatto,
distratto dalla gravità leggera
fra le nebulose dei desideri,
spazi esterni al di fuori di noi,
costellazioni estranee sconosciute,
galassie lontane e nuovi orizzonti,
soli lontani indifferenti e freddi.
La musica cifrata delle pulsar,
freddezza di gesti e di proporzioni
che si ripetono in tempo E in spazio
(bombe su Hanoi Baghdad e Belgrado),
tracciano architetture e paesaggi
come equazioni che rendono chiare le leggi,
la p del desiderio capitale:
vuoi esaurire i futuri per essere eterno
come un deserto di ripetizioni
senza un inizio o una fine: ma tu non fermarti / gioca gioca dai…
(vuoi vivere per sempre? Per davvero?)
Un giorno mi cercherai, ti dirai
è ora che tu venga, ma ormai
sarò passato come una stagione
che declina anche se noi e il clima non vogliamo
quando il sole cambia posto attraverso il cielo.
Ma importa se moriamo tutti e uno dopo l’altro?
È silenziosa e non ha nome né colore
Questa guerra che urla e si combatte dentro
Che cresce e che attraversa tutti noi negli anni.
È grigia e fredda, E non fa rumore quando
Spazza le strade e le stanze, I mesi e le ore,
I nostri soggiorni E i bui disimpegni, I living
Room e gli Appartamenti, Ognuno da solo,
Le sale vuote d’attesa, Le nostre stagioni
E quelle morte,Le nostre stazioni (e il restare)
Riempite di spazio, E sempre più povere e vuote
«ridicolo pensare che l’amore possa
rispondere all’amore la gente muore
intorno tutto qui»
One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit)
cool song per Georgia Lepore «just like the old days…»
Let’s start in style, let’s dance for a while
Heaven can wait we’re only watching the skies
Hoping for the best, but expecting the worst
Are you gonna drop the bomb or not?
Alphaville,Forever Young

3’ 18” [it feels like a hundred years]

Vincenzo Bagnoli

Vincenzo Bagnoli

L’età dell’oro, la flebile arcadia
era una festa di sangue, Il cui ricordo
non si sotterra, Il caldo odore vischioso
che hanno le macellerie d’estate,
sporco milione di mosche che tornano sempre.
Cent’anni E cento milioni si sono Estinti
negli ultimi venti E cinque con l’urlo di tutte
le voci dei morti nel pianto del puer divinus
che nasce e rinasce (et iam redit virgo) forever
young: come piante che crescono sulla carogna
portando con sé il cimitero nel bel ritornello
della lacuna, il sapore del verme e di Ossa,
la muffa, la fine nascosta In fondo alla svista,
tutte le volte che ancora morranno I morti.
dentro alla festa E dietro alle luci c’è sempre
la voce grigia Aggrappata al muro,
le cagne del rimorso, la vergogna:
altri protegge una notte in cui nulla si compie,
il mio passato è un fiume avvelenato.
Il fiume portava nell’oscurità sostituendo a vivide immagini
i gorghi di luce di ogni passato, gli scorci risolti in vastità fumose,
le porte chiuse e dimenticate; poi si cammina per giorni interi
immersi nel sangue fino al ginocchio e cento volte uccidendo l’occhio
nel grido inumano, nel lampo incessante, nel pianto e nello stridore urbano.
Luci spossate scalano il buio nell’esile dolore della pioggia
e nel crepuscolo dell’orizzonte gettò un grido rosso sull’orizzonte
un cielo ormai tutto violetto, forse una volta un bacio perfetto
ora piuttosto sorriso smagliante appena intuito all’orlo di spazi
attraversati come un diamante dai cento anni di sangue scarlatto
(come il tramonto e la rabbia dentro)
One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit)
cool song per Georgia Lepore «just like the old days…»
Let’s start in style, let’s dance for a while
Heaven can wait we’re only watching the skies
Hoping for the best, but expecting the worst
Are you gonna drop the bomb or not?
Alphaville, Forever Young