Ti penso. La sera, non è più una sera; è il ricordo di quell’altra, azzurra, in cui amore si fece in noi come un giorno si fece luce nelle tenebre. Adesso quando la invoco credo di essere stata testimone di un miracolo.
Ci è stato dato il corpo Per tenere più vicino il nemico. Per vigilarlo E che non abbia tempo Di appostarsi dietro un albero Ad aspettare il nostro passaggio. Ci è stato dato il corpo Perché fra lui e noi Non ci siano terreni minati Né imboscate. Ci è stato dato senza esigerlo, Come al principe il trono, Perché non potesse Mescolare il vino col veleno Senza abdicare al suo regno. S’è imposta ormai l’abitudine Di andare col proprio corpo Ovunque, Di bagnarsi con lui Per evitare la sorpresa Di un luccichio di pugnale dietro la tenda. Abbiamo preso l’usanza Di seguire i passi del corpo E di tendergli la trappola dello specchio, Di non lasciarlo solo Nemmeno quando dorme. Ci è stato dato il corpo Per tenere più vicno il nemico.
Il tavolo sogna spesso di esser stato un animale. Ma se fosse stato un animale non sarebbe una tavola. Se fosse stato un animale sarebbe scappato via come gli altri all’arrivo delle motoseghe che tagliavano gli alberi per ricavarne tavoli. Nella casa ogni sera viene una donna e gli passa uno straccio tiepido sul dorso come fosse un animale. Con le sue quattro gambe il tavolo potrebbe andarsene dalla casa. Ma pensa alle sedie che lo circondano e un animale non abbandonerebbe i suoi figli. Quel che piace di più al tavolo è che la donna gli faccia il solletico mentre raccoglie le briciole di pane lasciate dai bambini
Chi attende guarda il paesaggio aspettando chi non verrà. In lontananza si vede benissimo chi non verrà. Lo si scorge in una barca solitaria, nel cielo, tra le nuvole. Due alberi tendono i rami per brindare al successo del giorno. Chi attende sarebbe felice se i granelli di sole che entrano nella sala volessero trasformarsi in chi verrà. Chi non verrà passa a cavallo di una mosca senza chiedere come va. Chi attende vorrebbe che anche la barca solitaria e le nuvole si preoccupassero. Non sarebbe nemmeno male se gli alberi del brindisi mostrassero un po’ d’interesse
Le montagne amano a qualunque età. Una montagna con milioni di anni si innamora di una persona di venti. Una montagna addormentata aspetta per migliaia di anni un bacio da chiunque. La montagna a forma di coppa vuole che la bacino solo gli angeli.
Nessuno tocchi questo amore. Ignorino tutti la cautela del nostro cielo notturno e che il segreto sia l’aria gioiosa dei nostri placidi sospiri. Nessun estraneo venga a contaminare il tuo e il mio sonno:qualsiasi visitatore viene a invadere il tiepido ambito da noi abitato; qui il tempo è acqua fresca in movimento, quasi sottile volo,e tutte le persone vivono molto lontano dal nostro giardino allucinato, fuori dal nostro paradiso segreto.
Elogio della mia notte bianca, soppressione degli abissi del mio cuore, annientatrice dei miei momenti atroci. Benedette la tua carezza e la tua parola, Signora della Placida Ronda, ragazza mia che detesta piangere al mattino, ragazza che parla da sola nella casa e ride. Onda fragile, sotto il mio corpo ardente il tuo corpo mio si calcina in un delirio di luce e allora siamo una sola sostanza. Fiore del mio ansimare e della mia estasi, tu, l’ammutolita, con la tua mano sul mio petto dicendomi la luminosità con il silenzio, permettendo che il tempo scorra su di noi senza sfiorarci,
Mi perseguita il tuo odore, mi insegue e mi possiede. Questo odore non è un profumo sovrapposto su di te, non è l’aroma che porti come un ornamento in più: è il tuo odore essenziale, il tuo alone unico. E quando, assente, il mio vuoto ti convoca, una raffica di quell’alito mi arriva dal punto più dolce della notte. Io odoro di te e il tuo odore mi impregna dopo che siamo stati insieme a letto, e quell’aroma sottile mi alimenta, e quell’alito essenziale mi sostituisce. Io odoro di te.
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