Jalalauddin Rumi
Tu pensi di essere vivo, perché respiri?
Vergognati, sei vivo in un modo così limitato.
Non vivere senza Amore, così non ti sentirai morto.
Muori per Amore e rimani in vita per sempre
Tu pensi di essere vivo, perché respiri?
Vergognati, sei vivo in un modo così limitato.
Non vivere senza Amore, così non ti sentirai morto.
Muori per Amore e rimani in vita per sempre
Nella generosità e nell’aiuto degli altri sii come un fiume.
Nella compassione e nella grazia sii come il sole.
Nel nascondere le mancanze altrui sii come la notte.
Nell’ira e nella furia sii come la morte.
Nella modestia e nell’umiltà sii come la terra.
Nella tolleranza sii come il mare.
Esisti come sei oppure sii come appari.
Da qui e ora,
a Tahar Djaout: Che cosa scrivere
che non sia indecente?
la bestia
ignobile
guadagna
terreno
insensibilmente
subdolamente
in una lenta molto lenta
avanzata desertica
mangiucchia
ogni giorno
un po’ di spazio
di libertà
in cerchi
concentrici
si avvicina
al focolare
la notte
lancia
le sue frecce
avvelenate
senza rumore
le
proietta
come lucciole
a favore della notte
si sgranchisce & all’interno
dei nostri organi vitali
depone il suo verme che
repentinamente
meccanicamente
si mette a rosicchiare
dolcemente ma sicuramente
è così
che la bestia inqualificabile
– unitamente al deserto –
guadagna lentamente terreno
Un’ idea da due soldi
un tratto di penna solo per ridere
ragionare col pilpul
cercare il pelo nell’uovo
oppure per importunare
la stupidità l’oscurità
per rendere strampalate
le credenze medievali
– una pioggia di pallottole
d’acciaio come risposta
per far fuori un uomo
una donna una semplice idea
per cancellare un tratto maldestro
dio non è
sproporzionato
pagato a caro prezzo
Il poema possibile
Ad ogni appello del suicidio
Ad ogni questione del passato
La parola riconquistata
La madre riconosciuta
La mia pelle bianca
Il mio verbo pagano
Dio è in tutti i cuori?
Il mio dolore:
CIRCONCISIONE.
Le mie punizioni
LA SCUOLA.
Le mie scappate:
IL GIARDINO PUBBLICO.
La mia paura:
IL TRIBUNALE.
Le mie angosce:
MIA MADRE.
Le mie gioie:
IL CINEMA.
Le mie sofferenze:
L’ALLOGGIO.
I miei dispiaceri:
LEI.
Le mie debolezze:
I SENTIMENTI
SENTIMENTI
SENTIMENTI
SENTILAIDO
La porta della casa
è aperta
è sempre aperta
quindi entrano
senza bussare entrano
violentemente
quanti sono dieci quindici
armati fino ai denti
cercano dicono delle armi
ribelli che sarebbero stati nascosti
spintonano mia madre
mettono tutto a soqquadro
non avendo trovato nulla
se la prendono con le nostre provviste
per l’inverno olio semola
olive e fichi secchi
le sparpagliano per terra
tutta roba
che i ribelli
non piglieranno
ripartono gl’infami
– baccano risate
picchiettio delle armi –
con i gioielli di mia madre
Fadhma, di fronte al focolare, il riflesso
della brace rischiara il suo viso
dimentica la profondità della sua notte
convoca il suo sole diurno.
Il mestolo le cade di mano
Fadhma eterna sognatrice,
donna che ha tanto atteso
che un’onda la spinga
verso il paese della libertà.
Il sole brilla sul suo viso
e le dice: “perché non vieni
con me ad incontrare i tuoi fratelli di sofferenza
perché non facciamo assieme lo stesso cammino?”
Contempla le scintille
che salgono e che scendono
vorrebbe unirle
per dire la sua con loro.
E ora canteremo l’amore
perché non c’è Rivoluzione senza Amore
né mattino senza sorriso.
La bellezza sulle nostre labbra è un canto eterno.
E’ ora di cantare il corpo senza fine rinnovato della donna,
la mano dell’amico,
il profilo come uno scritto sullo spazio
di tutte queste viandanti e di questi viandanti
che danno al nostro cammino la sua vera luce,
al nostro cuore il suo slancio.
prorompere
poi sgocciolare
lungo i muri dei palazzoni
Invadere la strada
per spezzarne la noia
innaffiare l’asfalto
per farvi sbocciare
Il garofano
Fondere per rinascere
Nuovo nel mondo color “terra”
Abbasso la geometria!
Sempre dritto, non c’è nulla,
Dovunque c’è la vita
che piange i propri amici morti
su un letto di sapere.
L’amore giace accanto a lei
Con gli occhi stravolti,
nella sua mente un ricordo;
quello di un vero abbraccio
quello d’un incendio sterile
quello di un bambino nato morto
che non vuole morire
Questi campi, questi ruscelli…
sono troppo belli,
non posso separarmene!
E si alza
E se ne va
E la vede
L’abbraccia
L’amore sorride
e tutto si spegne