Partire da un sasso della piazza e i piedi fermi che non sanno dove Bologna ubriaca tocca i colpi di penna nei sotterranei bui è finito il viaggio di una nuvola azzurra oltre i grattacieli che portano il disegno di mia madre lontano da quelle strade dai furgoni grigio fumo e le ruote che battono il volo tu ritorni sempre a una lampada che non sa quale cassetto apre la terra e guardi al respiro freddo delle fabbriche di gennaio con la pioggia che spacca il vetro delle case Roberta Sireno (Modena, 1987), da Fabbriche di vetro (Raffaelli, 2011)
Di che era fatta la materia che trema nel giorno se non osso di cane messo sotto i denti di che l’infinito che divora le pareti della stanza Roberta Sireno (Modena, 1987), da Fabbriche di vetro (Raffaelli, 2011)
Il parco fuoriporta mi fa triste come un nemico vinto da curare. Più in là, come il passato, il mare quasi non esiste – ma strega la città increspando tovaglie tra i parcheggi travestito da vento, da ricordo. Io resto a casa, mentre tu mi leggi viaggiando per l’Europa: il solo accordo rimasto nel mio mondo è sulla pagina, il posto nuovo è quello che s’immagina un cieco senza urtare negli ottusi spigoli umani o nelle rotte dighe di un senso dissipato in troppi rivoli – e l’unica vacanza è tra le righe. Matteo Marchesini (1979, Castelfranco Emilia), da Cronache senza storia (Elliot, 2016)
Non c’è più spazio per silenzi e dialoghi tra la vita e le pagine, non c’è più tempo per le parole e il vino chiari in un prato folto, sul gradino gotico di una chiesa nella notte, per un vago capirsi e non capirsi. La fantasia è una realtà sfregiata, l’amore un bisogno di umiliare. Perfette la scissione, le metà: da adesso vivere è solo ingannare, da adesso scrivere è solo confessare. Matteo Marchesini
(Castelfranco Emilia, 1979), daCronaca senza storia(Elliot, 2016)
In questa nuova casa notte e giorno non ci illudono mai: questo è un ritorno di due di rame o di pietra o di legno. La tavola, il letto sono un segno. Non parlare. O parla. (Parleranno). Si sopravvive facili a se stessi. Ci si regala come abiti smessi a miserabili che hanno la nostra faccia. E ogni gesto intorbida la traccia. Ma ridicole smanie, atti di sangue? (Poesie. Si abitueranno). Matteo Marchesini (Castelfranco Emilia, 1979), da Cronaca senza storia. Poesie 1999-2015(Elliot, 2016)
Dici che sono una nave, quando dormo una mole in movimento verso il porto frastuono di stive e di ricordi opachi come pesci il giorno dopo Sono il nocchiero e il nostromo del fuoco orizzontale di una rotta invado la voragine del molo dove curva la luna daIl Sosia
Oggi, primo giorno di marzo, apprendo da un muro che è morto Alberto Sighinolfi di anni 82 accompagnato nel viaggio misterioso dall’affetto dei cari, la moglie il cui nome non ricordo e i figli Serse e Sergio assieme a qualche altro parente sparso Alberto Sighinolfi anch’io mi sarei chiamato fossi nato spagnolo, avessi scelto il cognome materno senza obbligo alcuno né impegno a morire ad anni 82 però da nessun figlio accompagnato né da una moglie tantomeno lì solo, lasciato sul mortorio a fermare un passante ricordargli chi ero parlare con lui del tempo daIl Sosia
Mi sveglio stamattina e ho la faccia di un gallese il ciuffo a banana, la carnagione rossa ma quando apro bocca non so neanche quel po’ d’inglese sì e no un gorgoglio senza idioma l’anima ridotta a fumo sottoterra Anche il piede destro non funziona quasi subito sbanda, si accartoccia da due giorni promette pioggia Con la birra non va meglio solo un baffo di schiuma sulla bocca che ogni sguardo blocca Va bene svegliarsi presto, avere toccato il letto da poco più di un’ora ma cos’è questo aroma di torba il pavimento nero? daIl Sosia
Le cose dal vero mi fanno paura mi stanano in crepe o appigli di memoria Le cose che guardo scoprendone i nervi e quelle che sfioro coi denti come case catturano la luce per meglio scomporre la grana perlacea l’ordito di polvere e foglie Così mi annienti, se provo a deliziarti di cronache minute a dirti come sei viva in questa mezzanotte di vento in cui non ammetti nemmeno la mia ombra alla tua bocca alle parole che assediano il respiro Sì e no una voglia domenicale accende il finale forse una nuvola resiste dei pollini allo spigolo del viso daIl Sosia
Sul balcone un rametto di pino piovuto chissà da dove non ramoscello d’ulivo perché oggi non c’è pace e ai piccioni non serve per il nido ma è l’unico detrito ancora vivo di questo mattino domenicale e se tu lo speravi diverso bastava un qualunque gesto, non dico l’aperitivo di coppia al tavolino io nel giubbotto sportivo e tu un qualche trussardi per accorgerci che è tardi le famiglie ci aspettano a pranzo prima di un altro pomeriggio per me di cavalli e di calcio Alberto Bertoni (Modena, 1955), da Le cose dopo. Poesie 1999-2003 (Nino Aragno Editore, 2003)
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