Vorrei ricondurre tutto, ora, alla nobile pulizia dei gesti, delle parole e dei silenzi, dei saluti, e delle confessioni, tra noi, senza più sprechi, né equivoci o falsi pudori, senza la noia delle circostanze o la sfiducia desolata nelle cose – Vite pulviscolari, Mondadori, Milano, 2009
Tutto era già in cammino. Da allora a qui. Tutto il tempo, luminoso, sfiorava le labbra. Tutti i respiri si riunivano nella collana. Le ombre di Lambrate chiusero la porta. Tutta la stanza, assorta, diventò il primo battito. Il nero dei tuoi capelli contro il giallo dell’ultimo raggio. Da allora a qui. Era il primo giorno dell’estate. Il silenzio ci riempiva la fronte. Tutto era già in cammino, da allora, tutto era qui, unico e perduto, nostro e remoto, ardente. Tutto chiedeva di essere atteso, di tornare nel suo vero nome. da Tema dell’addio (2005)
La finestra è rimasta come prima. Il freddo ripete quell’essenza idiota di roccia proprio mentre tremano le lettere di ogni parola. Con un mezzo sorriso indichi una via d’uscita, una scala qualunque. Nemmeno adesso hai simboli per chi muore. Ti parlavo del mare, ma il mare è pochi metri quadrati, un trapano, appena fuori. Era anche, per noi, l’intuito di una figlia che respira nei primi attimi di una cosa. Carta per dire brodo e riso, mesi per dire cuscino. Gli azzurri mi chiamano congelato in una stella fissa. da Distante un padre (1989)
“Tanto non ti crederanno più! Neppure chi sapeva della tua calma, la stessa che stillavi dagli sguardi, dalla tua paura-stalattite che mi riempiva percolante. Io ero lontana da sotto. E ancora dimmi da che parte colano le promesse e dove leggere la frase in pace: «E dì soltanto una parola ed io sarò salvata»? …e a chi ripeterla in eterno, dentro questa grotta e ancora farmi credere dall’aria? Da qui gocciolo ancora di fiducia, da qui che non finisco di depositarmi inutilmente in te…e mai di te saprò mai dirne l’uscita, la luce e forse ancora, chissà, le stelle.”
Stefano Raimondi (Milano, 1964),daMonologhi slabbrati[Contro la violenza alle donne], inedito
Sono fatti così gli abbandoni: restano fino a trovarti, fanno fino a commuoverti in una parola sola in poche cose, in quello che tieni stretto tra le mani e non c’è già più davvero. Stefano Raimondi (Milano, 1964), da Il cane di Giacometti (Marcos y Marcos, 2017)
Sei tu, non c’è dubbio, riconosco l’attacco delle tue risposte quando venivi interrogato e le finestre del Gonzaga mostravano un cortile immenso e tutto, fuori, assomigliava al silenzio degli olmi scendeva un voto dalla tonaca nera e tu eri salvo riapparivano le nostre pure voci e tu eri sommerso di voci e si formava un’occulta melodia e c’erano già i numeri sulla maglia, i numeri giusti per ciascuno, e si avvicinava, con il suo sorriso vivente, il volto della partita. Milo De Angelis (Milano, 1951), da Incontri e agguati (Mondadori, 2015)
Siamo stati qui fianco a fianco tutto il giorno insieme tra i tavoli i fogli e le sedie nel mentre tutte le nostre cose si lasciavano fare bene o male da noi, al di là di tutto al di là del fatto che invece sotto sotto non c’eravamo affatto. Ma dopo pranzo ho poggiato davvero la testa sulla poltrona. Poco prima avevo aperto le finestre riempito la brocca dell’acqua il vaso dove sta la pianta. Ma in fondo al cuscino forte e chiaro poi ho sentito che ci doveva essere dell’altro, che ancora nessun gesto aveva colmato la misura quello che si poteva. Qui davanti a casa c’è una grande chiesa sulle mensole i libri una divina commedia parole di carta che restano appena cenni chiusi sulle mani come lucernari nel buio della mansarda. Ma poi quando mi volto allora non mi bastano più gli occhi come in una pagina quando con l’ultima riga non è finita adesso con te in questa stanza pare tutto una notte bianca una sete di luce che non passa. Paolo Pistoletti (Città di Castello, 1964), da Legni(Ladolfi, 2014)
Questo è tutto per ora in questo momento è come se fossimo già invece siamo appena e ciò che è più strano è che uno non se lo immagina bene dove potrebbe essere arrivata la lunga attraversata Nanni Balestrini (Milano, 1935), da Antologica. Poesie 1958-2010 (Mondadori, 2013)
Questa morte è un’officina ci lavoro da anni e anni conosco i pezzi buoni e quelli deboli, i giorni propizi, la virtù di applicarsi minuto per minuto e quella di sostare, sostare e attendere una soluzione nuova per il guasto. Vieni, amico mio, ti faccio vedere, ti racconto. Milo De Angelis (Milano, 1951), da Incontri e agguati (Mondadori, 2015)
Quella volta che hai trattenuto il sorriso per un tempo lungo, come un colore. Quella volta che lo hai tenuto nel viso prima della forma, prima del dolore che ne sagoma il contorno. Ci sono i parchi, le stagioni. Oggi sono due giorni che piove a dirotto. La terra fuori deve essere fradicia di cielo e ad ogni passo dovresti sentire un rumore. L’intrusione delle nuvole. La sagoma del sorriso. Cielo e viso sono sentieri. Tommaso Di Dio (Milano, 1982), da Favole (Transeuropa, 2009)
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