Sebastiano Aglieco
I
Guardami, signora dei viandanti, dal
gradino della nostra notte buia!
Ho tanto camminato nella notte di
questo tempo, sconosciuto a me stesso
portando la mano al petto e
genuflesso per consolazione.
Le ho fermate tutte le parole
il peso che mi stringe le ginocchia
gli alberi posati e respirati
con l’animo leggero dei bambini.
Io ho questo soltanto: questo
peso che schiuma nella gola
la mano col seme degli alberi
i fiumi che si stringono al mio tempo.
A moltitudini giungo a te
e mostro il fango nelle scarpe
piccole rese delle bocche
qui, a distanza di anni
senza onore e senza timore
il fiato genuflesso della piccola preda.
Guardaci, guardaci
per sempre con lo sguardo buono
delle bestie, del bambino nel tuo
baratro, tendi le mani
risorgi nel gonfalone dell’amore
la più alta spina verticale.
Veniamo a te nella distanza
col tamburo lanciato nel sangue
nell’angolo in cui gli occhi
si fermano davanti al muro
e ricordano, e ritornano al corpo
pesato in grammi
disperdono, nel grande ventre
le prime parole tramandate
dimenticano il desiderio
l’orto fiorito dei giorni antelucani.
Ora del crepuscolo.
Fine della luce.
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)