Salvatore Quasimodo
Avara pena, tarda il tuo dono
in questa mia ora di sospirati abbandoni.
Un òboe gelido risillaba gioia di foglie perenni,
non mie, e smemora; in me si fa sera:
l’acqua tramonta sulle mie mani erbose.
Ali oscillano in fioco cielo, labili:
il cuore trasmigra ed io son gerbido,
e i giorni una maceria.