Rosita Copioli
Guardò per l’ultima volta il selciato
di sotto, i piani alti delle case di fronte,
il campanile, i tetti. E si mosse.
Serrò la porta, desolata, entrò
nell’ascensore, salì sul tassì, prese il treno.
La città focata e smorta la lasciava.
E pareva che la Tacita
avesse sigillato ogni timbro di canto,
nemmeno un rombo, un calpestio.
E lei diceva: «Amore, passavi ovunque
in me, soffiando il brivido delle fiumane,
l’alga di lago, il fogliame rosso
delle foreste cedue, le nevi musicate
d’echi di corpi inseparati.
Non tacere. Voglio ricordare.
Fammi risuonare, di dolore muta mare e vento.
Il dolore è il più forte, passa in me con lui,
risuona, risuona».
da Furore delle rose, Milano-Parma, Guanda, 1989.