Roberta Bertozzi
Ho compreso – ti ho
(è lo stare come il cecchino
sul grilletto – immobile nell’alveo di Morfina
mentre correvano tutti
al loro destino di bersaglio.
E se fosse un imbuto, il viadotto
che all’uscita rilascia masticato il tempo
e come un cane io seguissi le tracce:
quello che perde ciascuno fra le pagine del libro
aggiunge) – allora tu:
inietta – provoca qui
appena la punta d’ago da cui attendo
la cura
oppure concedimi il nervo – per volta almeno
lo stadio dove non c’è scampo
con stampelle – mio sembiante – al duello
posizionami.
«Cancella quello che non si deve dire,
prima però rileggi…» (rifai il corpo
alla statua del dovere, rialzi il capo):
…
Il nostro viaggio è nel fascicolo
della pietra, nella custodia della luce
dove il tempo viene meno
mentre è continuo
sfogliare durezze alla selce
ogni venatura esaminando
perché nulla vada trascurato,
padre.
Nel quaderno si spegne il gesto,
nell’album del male fanno le circostanze, ovunque
parole composte in batterie d’enunciato
si armano – in sigle si arrestano.
…
Hanno detto è tempo di spremitura, di rimagliare
l’archivio, di stare all’asciutto – tempo
di fare un figlio voi, un altro precipizio della carne;
in ritiro dai vostri polsi venire
al compromesso,
cambieremo i nostri discorsi, vi piegherete…
come ogni Volksgenossen, vedrete sarà
bello…
Ma ogni cosa storna e
non-è-più-tempo e si resta così
di traverso,
…
come s’allunga l’orizzonte, come si rasserena
di luminarie, di torce elettriche a mazzi
come s’insera
sento un crepitio di fascette d’alloro
e di passi, di passi lo scalpitare
che pestano e s’ingrossano
come di cosa decisa, sulla pubblica, addominale
piazza s’impulsano, i passi incalzano a turni e più
come stantuffano ora i ventricoli del mio cuore
sento
che s’è deciso ma non è esplicito
non riesce a fluire:
«Ci siamo quasi… sei pronto?»
«Se avessi il copione forse sì, ma così, adesso…»
«Forse basta fischiare, un richiamo…»
«… non sono sicuro che sia questo…»
«Appoggiati a me…»
L’acqua è il nostro specchio. Nella società dei fratelli
è la paura a fare carità. A fare tutto stretto in coro all’altro
nella spaventata fratellanza, nel rimedio,
padre:
io sono dell’ulivo,
raddoppio
e le radici si inarcano al fusto
e storpio.
Oh tu – abbi pietà.
…
«Sei pronto?»
Qui occorre spaccare, occorre
mancarla del tutto
la realtà.
(da Gli enervati di Jumièges, postfazione di Pasquale Di Palmo, peQuod, Ancona 2007)