Sorgente Balcanica

 PETKO RACHEV SLAVEJKOV

PETKO RACHEV SLAVEJKOV

Vedi là giù nel campo,
dove intravvedesi, dove nereggia
una decina d’alberi, di salici?
Era là giù un villaggio,
c’era Bisercia un tempo, or son molt’anni;
là venne al mondo, visse là Gergana
cara alla mamma.

Gergana un uccellin multicolore,
Gergana mansueta pecorella,
tra le fanciulle
era come una gemma fra perline;
e fu il suo primo amor Nikola un bruno
agnellino del gregge
fra i giovani più belli del villaggio!

E Gergana e Nikola
eran così tra loro somiglianti
come steli di primola;
eran giovani teneri,
l’un per l’altra eran nati,
eran l’esempio d’un fedele amore.

Amava lui Gergana,
l’amava e corteggiava:
mattina e sera alla sorgente, al ballo
in ciascuna domenica, al lavoro
in ciascuna occasione
ed ogni notte nei convegni usati
dei contadini.

Avvenne a mezzanotte.
Scioglievansi i convegni
dei contadini e accompagnò Nikola
la cara sua Gergana alla sua casa;
e di fiori le chiese il mazzolino.
Sotto voce risposegli Gergana:
“È troppo tardi, amor, pel mazzolino:
tramontata è la luna,
ma non ancora i galli hanno cantato.
Misteriosa è l’ora,
maliziosa, infida mezzanotte:
brillan le stelle sopra noi, volteggiano
sopra di noi le streghe.
E spiriti folletti, draghi alati,
notturne samodive ci vedranno;
ci vedranno, amor mio, ci invidieranno;
il mazzolino per amor si dà
sol quando spunta l’alba,
all’alba il mazzolino è rubicondo;
pronto sarà per te domani. Lèvati
presto domani per andare al campo,
alla sorgente aspettami,
abbeverando i bufali;
io verrò con le bianche
brocche ad attinger l’acqua fresca e pura,
e un mazzolin di fiori ti darò,
dalla mia fronte alla tua, rimanga
a te per mio ricordo…”

Nera una sorte i miseri attendeva:
ascoltati li aveva nella notte
una nera megera;
ascoltati li aveva e invidiati;
gettò loro il malocchio,
e decise di perderli.

Di buon mattino
s’alzò Gergana, si lavò, dinanzi
all’icona fe’ il segno della croce.
Il Signore pregò sommessamente.
Un rugiadoso mazzolino colto,
la fronte ne adornò. Prese la brocca,
la sollevò sull’omero
ed alla fonte si recò. Nikola
non vi trovò; ma trovò bianche tende:
era un visir di notte tempo giunto,
con le sue truppe aveva posto il campo.

Gergana attinse l’acqua,
i bianchi piedi si lavò, il visir
era assiso davanti alla sua tenda.
Guardò Gergana, attonito restò,
attonito restò che nel villaggio
una tale beltà trovar si possa.
La guardò, l’osservò, da bramosia
fu colto in cuore ed a chiamarla tosto
mandò i suoi servi.

Il visir le parlò così: “Fanciulla,
o giovinetta bulgara, perché
così di buon mattino sei venuta
a prendere acqua fresca alla sorgente?”

“Agà, sono venuta così presto
per l’acqua fresca e limpida, perché
voglio più presto far ritorno. Il babbo,
il mio vecchietto, é frettoloso
che al campo ci rechiamo”.

“Vai tu, giovin fanciulla,
tu pure al campo vai per abbruciarti
di neve il viso e le tenere mani
a logorare?
Non per questo sei nata tu: sei nata,
sei destinata ad essere odalisca,
bianca odalisca errar per le terrazze…
Or dunque, bianca Bulgara,
or dunque vieni, vien con me a Stambùl,
anzi che tu per altri t’affatichi,
altri per te d’affaticarsi intendano!”

“Io bene, agà, mi trovo qui coi miei vecchi,
col babbo e con la mamma; peso
non mi dàn le faccende.
Io da quando son nata
son cresciuta così, sempre, ho vissuto
or sui prati, fra vigne, del mio vecchio
babbo in aiuto, or alle cure intenta
in un perenne alterno affaccendarmi
con la mia mamma cara”.

[…]

“Giovin fanciulla stolta!
Nulla tu ancor non sai;
credi a me, dammi ascolto e troverai
la fortuna: sarai
una bianca odalisca e porterai
oro e seta, starai
in aremi splendenti, infilerai
gialle monete d’oro con minute
perline mescolate!”

“È bello tutto questo, é bello, agà:
che tu sia benedetto!
Ma io non son che un’umile
semplice contadina:
non mi son cari arèmi né vestiti
di seta; le monete gialle d’oro
io non le voglio, né minute perle.
Quello che ho mi basta:
di finte perle una collana e questa
mia trecciolina.
E finalmente, arti, vuoi tu saperlo?
Se non lo sai, sappilo dunque: ho fatto
un giuramento, e a quello che ho giurato
sono fedele; il primo amore mio,
è Nikola e Nikola sarà mio… “

“O stolida, insensata!
che cos’è mai il tuo damo
di fronte a me, di fronte al poter mio?!”

“Di fronte a te Nikola non è nulla;
ma per me, sappi, è tutto: l’amo, agà,
amo lui solo…”

“Tu l’ami, ami lui solo”
disse irato il visir “ma tu non hai
un tuo volere. Il mio
sopra il tuo vale, io sono il tuo signore,
il tuo padrone io sono…”

E Gergana rispose:
“Sei per la vita il mio signore, agà,
ma non sull’amor mio!
Senz’amore padrone diverrai
d’un gelido cuor morto…”

Fu stupito il visir, della fanciulla
la fedeltà amorosa lo colpì:
e Gergana lasciò libera e doni
le diede a profusione
Poi comandò che fosse per ricordo
in fontana mutata la sorgente.

***

E la fontana fu costrutta; tosto
si sparse pel villaggio la notizia
che l’ombra di Gergana
v’era stata murata dagli artieri.
Era vero, così fu. La fanciulla
Gergana s’appassì come una foglia
ricoperta di brina,
si ammalò, si consunse come un giovane
basilico senz’acqua.

Si consunse Gergana a poco a poco,
in piedi, per tre mesi;
poi giacque in letto.
Affannoso Nikola a lei veniva
portando streghe e maghi;
con erbe varie fu curata: nulla
le recò giovamento.
Non giunse un anno al termine che l’anima
rese al Signore…
Tutto il villaggio la compianse e tutti
s’adunarono, ognuno un cero accese…
Le fanciulle intrecciaron le ghirlande,
i garzoni le fecero la bara…
Quando di casa la portaron via
l’un con l’altro alternandosi, all’oscuro
sepolcro la portarono,
portarono e lasciarono…

Nikola fido amante
di buon mattino il martedì alla tomba
andò e d’incenso bianco la cosparse,
di rosso vino l’annaffiò, vi accese
una candela…
Dalla tomba tornò, ma non a casa;
d’allora fino ad oggi
non s’è visto mai più…
Solo sonar profondamente s’ode
il piffero suo cupo e mestamente
echeggiar quando appare alla fontana
Gergana assisa ed a filare intenta
là, presso la fontana,
al chiarore lunare.