PENCHO SLAVEJKOV
Sant’Atanasio fa dal ciel ritorno
il cor di gioia pieno:
a invocar da Dio l’estate è asceso,
messaggero terreno.
E come sempre il mondo trova avvolto
in un fiorito manto
e d’un primaveril soffio gl’invade
l’anima il dolce incanto.
Ma come sempre è affaticato e stanco
e per trovar riposo
al lungo viaggio presso al rio s’asside
sul prato rugiadoso.
Siede e s’immerge là sul posto istesso
d’un sogno nel languore…
nel sogno vede e sente piano piano
parlare il fiore al fiore:
“Sant’Atanasio torna! Ecco il momento
per noi: qui si riposa
e il nostro primo desiderio appaga
Chiediamogli qualcosa!”
Tengon consiglio silenziosi e il Giglio,
ecco, a l’orecchio chino,
ha preso la parola e gli sussurra:
“Triste è il nostro destino!”
Noi si cresce e fiorisce e monti e piani
orna nostra bellezza
Noi diam gaiezza a tutto ciò ch’è in terra,
soli senza gaiezza!
Arde il sole; in un canto solitario
obliati appassiamo;
la bufera ci coglie: sulle fragili
radici ci pieghiamo.
Oh, dacci l’ali! Fa volar noi pure
liberi e spensierati
al cielo… O languiremo eternamente
nella terra inchiodati?”
“E sia!” sorride il Santo ed il prodigio
si compie; in un baleno
é il chiaro spazio d’infiniti in volo
agili fiori pieno.
Raggi dorati del benigno sole
li accarezzan scherzosi;
volan liberi in aria e spensierati,
né d’altro son curiosi.
E appena la stanchezza l’ali tarpa,
in ordine discendono,
e si bacian coi fiori e presso quelli
breve riposo prendono.
Dormon con essi a sera fin che desti
5o non sian dai primi albori…
Quando appassisce il fiore essi appassiscono,
farfalle, alati fiori.