Perdute nelle tempeste dell’oceano aperto, le nostre piccole barche vanno alla deriva. Cerchiamo una terra durante interminabili giorni e interminabili notti. Siamo la schiuma che galleggia sull’immenso oceano. Siamo la polvere che vola nello spazio infinito. Le nostre grida sono sopraffatte dall’urlo del vento. Senz’acqua né cibo i nostri bambini giacciono stremati e non hanno più la forza di piangere. Siamo assetati di terra, ma veniamo ricacciati da ogni spiaggia. I nostri segnali di soccorso sono Alzati, Alzati, ma le navi che ci incrociano non si fermano. Quante barche sono affondate? Quante famiglie giacciono sotto le onde? Signore Gesù, ascolti la preghiera della nostra carne? Bodhisattva Kwan Yin, dio della pietà, ascolti la nostra voce? Uomini nostri simili, sentite la nostra voce dall’abisso della morte? O terra ferma, quanto ti desideriamo! Preghiamo che oggi l’umanità sia presente. Preghiamo che la terra ci stenda le sue braccia. Preghiamo perché oggi ci venga data speranza da questo paese.
Improvvisamente mi ritrovo nel mio passato. Il punto di riferimento non è visibile più a lungo e il sogno dell’altra notte è pieno di immagini illusorie. I muri che servono a fermare i venti e la pioggia hanno formato un angolo di spazio accogliente. Le candele tremolanti evocano il profumo di incenso della vigilia dell’Anno nuovo. Piove. In casa, la cena è servita. Una manciata di foglie di coriandolo mi riporta alle forme della madre patria. Improvvisamente tutte le barriere sono rimosse grazie alla tempesta di mezzogiorno ed ogni cosa è rivelata. Il sole di oggi non è lo stesso di ieri? Uccelli intravisti contro il colore purpureo della sera. I due estremi del tempo si uniscono e mi spingono con tenerezza verso una nuova apertura. Il sipario della sera, destinato a catturare spazio, improvvisamente si trasforma in salici piangenti. Le nuvole si chiamano l’un l’altra per un incontro sulla cima dei monti. Sono tornato. Mi ritrovo ad aprire vecchie pagine. Un tramonto sfolgorante ha bruciato tutti gli attestati… verbosi mantra si sono dimostrati non avere più forza… Soffia forte ora il vento. Laggù dove finisce il cielo, sento sbattere le ali di qualche strano uccello. Io dove sono? Il punto focale della concentrazione è il ricordo. La casa più vera è quella d’infanzia, tra le colline erbose. Le foglie violette del tià-tò contengono tutto un autunno pienamente maturo. I tuoi piccoli piedi percorrono il sentiero, come gocce di rugiada sulle giovani foglie. Le lettere che ti inviai risuonano come campane della chiesa. Un cielo dorato di fiori è contenuto in un solo seme di mostarda. Ecco, unisco le palme delle mani e – meravigliosamente – lascio fiorire un fiore nel mio cuore.
Dove sei stata, piccola stella? Ti ho cercata dappertutto, Fuori dalla mia finestra, tra le nuvole scure. Dove sei stata? Mi sento così smarrito Come un uccellino sperduto su un’isola nebbiosa. Piove da molte notti. La città è così fredda e deserta. Nella tarda notte sul marciapiede Vedo le sagome di forme solitarie e bagnate. Mentre riposo la testa su una pila di libri Come i poeti antichi, Ho tentato di evocare la tua immagine. Dal profondo della mia consapevolezza Mentre la pioggia e il vento continuano ad infuriare. Stasera mentre mi chino sulla scrivania, Con la testa stretta tra le mani, Non riesco a immaginare che il vento Abbia portato via tutte le nuvole. Il cielo è limpido. La pioggia ha smesso di desiderare il tuo richiamo. E ora sono sorpreso di vedere che sei lì Attraverso la finestra. Sei ritornata. Cara piccola stella, Sei passata attraverso tali tempeste, pioggia e vento. Dove sei andata? Per quanto tempo e in quale strana terra Hai pianto? Sei tornata. I tuoi occhi sono ancora smarriti per la sorpresa Mentre mi osservi attraverso la finestra. Dove sei stata in questi giorni di tempesta? Il tuo piccolo corpo maltrattato da innumerevoli venti Rabbrividisce ancora di freddo. Mentre riposi tranquilla sul fondo di una coppa di cristallo, Con le lacrime agli occhi, ricordi. “Oggi il Regno dei Cieli ha dato Una grande festa con migliaia di stelle. Il cielo è limpido e Tutte le nuvole si sono dissolte. Sono salita su fino a quel regno E mi sono inginocchiata per il nostro paese e ho pregato Che l’angoscia, le uccisioni, I disastri delle inondazioni, del fuoco e della crudeltà Terminassero nel nostro povero paese”. La tua voce ha raggiunto milioni di stelle Che hanno trasformato tutto in splendide lacrime Tremolanti nell’aria. Ringrazio profondamente diecimila piccole stelle La cui fede è forte come il diamante. Siete come fiori in boccio, Che scintillano simili a brillanti nell’ampio regno della coscienza. Mia stellina, sei tornata a casa. Con le lacrime agli occhi, Ti chiamo per nome. E sento calore nel mio cuore.
E’ notte. Sul tetto crepita la pioggia. L’anima fa aprire gli occhi ad una terra inondata. Un mare di tempesta che ruggisce e poi scorre. In quel breve momento si muovono linee e forme galleggianti a vista, apertamente. Prima che il momento passato si incrina e cade nella malinconia, una risata risuona nelle quiete gocce di pioggia.
Con dolcezza oltre il cancello scorre il fiume. Le nuvole viaggiano come ricordi d’infanzia. Nell’orto fiammeggiano i fiori di senape, mentre le ultime farfalle svolazzano. Sotto il sole cocente, un firmamento tra le sue braccia, le sue e le mie. I fiori di pompelmo tra i miei capelli non sono un profumo strano per lui. Notte e giorno, le mie piccole mani seguono l’anima del calligrafo che offre la sua penna per insegnare ai bambini – Rive e monti ancestrali sulle mie spalle. Due culture, Oriente e Occidente, trascinano insieme quel palo su di loro… Il gallo canta e sui cuscini il cuore mormora: “Sarà l’alba laggiù?” Per tutto l’inverno sotto la cenere cova il fuoco e si scalda la nostra fede. Lui canta poesie e la voce risuona chiara nel cielo nevoso. Per mantenere vivo il futuro, lui sceglie piatti di sottaceti e riso. Quando la primavera torna sulle colline, il cielo – come gli occhi – è blu e lontano esplodono i boccioli dell’Albero-di-Fiamma (Brachychiton acerifolius). Metà mondo d’amore si sta aprendo.
Il mio paese natio è proprio qui, con boschetti di banani, macchie di bambù, fiumi, avena. La terra sotto di me è fatta di polvere. Ma ogni volta che sollevo il viso vedo sempre bellissime stelle.
Ecco le mie mani. Accetta che io te le ridia, anche se prego non vengano ancora schiacciate. Sono tornato, docile, arreso, senza rancore per questa grande sofferenza. Sono nato sotto la tua stella. Sono nato per voi. Sono nato per vivere 10mila vite col cuore di un bambino. Ecco le mie mani, che sono anche il mio cuore, la mia mente, la mia vita – tutto ciò che resta. Unica mia forza è stato aver sanguinato sui tasti dell’amore. Ecco le mie mani. Accetta che io te le ridia. Ricorda, nostra madre ci insegnò ad amare l’erba secca delle tombe, così come le rose in fiore. Per loro, come per ogni cosa, l’amore è la rugiada immacolata del mattino. Ecco le mie mani. Col capo chino, te le rendo. Guarda, le vecchie ferite devono ancora guarire. Hanno sangue fresco e sui polpastrelli può restare un po’ dell’ anima, come resta la rugiada lucente sui fili tremanti dell’erba. Ecco le mie mani, di nuovo rinate, ma ancora ferite. Ed ecco il mio sorriso, di uno che non ha mai odiato. Ed ecco il mio cuore, puro attraverso il tempo. Ecco le mie mani che ti riporto da curare sotto le bende. Prego che non verranno ancora schiacciate. E invito le stelle a farmi da testimoni.
I suoi occhi spalancati. mentre trova un nido tra le mie braccia, col corpo tutto scossoni, un pianto fatto di minuscoli lamenti. Babita non osa nemmeno gridare forte. E’ stata portata qui di corsa, come verso un santuario sacro. Ho le mani che tremano mentre provo ad accarezzarle i capelli e mormoro parole carezzevoli che lei non può capire. Ma piano piano Babita prende a calmarsi, si calma e poi riposa quieta, tra le mie braccia. Cara, vorrei prendere tra le braccia tutti i piccoli orfani di due anni e mezzo come te. L’hanno lasciata qui per raggiungere la rivoluzione. Babita può aspettare mesi senza il latte della madre, o sguazzare nel fango del cortile, o giocare tra escrementi, col moccio che le cade dal naso. Babita è ancora giovane. Babita può aspettare la vittoria della rivoluzione.
Niente fiammiferi stamattina e il mio camino è freddo, come un panno umido. E’ autunno. Il mio dipinto è a buon punto. Andrò dal vicino a chiedere di accendere. (ve lo ricordate come si faceva da ragazzi?) Vuoi sapere che succede se il vicino non ne ha? “Andremo insieme a cantare…” Ricordo cosa mi diceva mia madre e chiederemo di andare giù fino al nuovo borgo. E ricordati di cantare, sono sicuro che qualcuno nel nostro borgo ha ancora del fuoco. Alzate le mani e ditemi la verità: “Credete come me che qualcuno laggiù tiene vivo il fuoco?” So di misere soglie di porte dove però un fuoco viene tenuto sempre acceso grazie alle bucce del riso nel braciere. Ricordo cosa diceva mia madre. Non disturberò la buona terra. Poggerò una manciata di paglia con gentilezza sulle bucce e aspetterò che salga il fumo. Poi con un soffio deciso, ravviverò la fiamma. Fratello, stai tornando da un lungo viaggio. Sentirai nel cuore un bel calore osservando quel fil di fumo sopra la casa di paglia. Vieni al nostro villaggio, ti aspettiamo. Nostra sorella ha saputo mantenere il fuoco nel vecchio braciere. La tua nave segue senza esitazione la corrente sotto la luce protettiva delle stelle. La nave prosegue il cammino. Non c’è da preoccuparsi se scende la nebbia. Sai che oggi hai abbastanza amore per fornire amore domani. Che bel fuoco ora a casa mia. Venite a visitarci. Per migliaia di anni, qualcuno ha cercato di costruire un ponte tra le due rive. Il dipinto è ormai finito. I colori sono freschi. Te lo vogliamo mostrare. Il fuoco crepita in allegria. Tra poco porteremo altre candele.
Voi ci combattete perché combattiamo con tenacia, mentre voi vi alimentate di rabbia e violenza per farvi forza. Ci maledite perché non etichettiamo un essere umano e non gli puntiamo contro il tamburo della rivoltella. Ci condannate perché noi non possiamo usare il nostro sangue per pagare i vostri debiti di avidità; perché non potete scostarci dallo stare a fianco di un uomo, dove stiamo per proteggere tutte le vite. E ci uccidete solo perché pieghiamo la testa davanti alla ragione e all’amore per l’uomo; perché tenacemente rifiutiamo di identificarlo coi lupi.
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