Mi trasporto in punta di piedi mi trasporto nel galoppo della mia vista. Mi avvolgo nelle fasce della mia pelle. Mi abbraccio desiderandomi. Benedico il mio flusso, lo zampillare che da me proviene. Mi cullo sul mio seno. Alle mani germoglianti infilo i guanti della poesia.
Reclamo la rivelazione, le mie incisioni sono su pietra. La mia immagine reca acqua alla sete ed esche alla rete dei pescatori. Trascorro i rintocchi delle campane della sera scolpendo. Dormo nella mia stessa ombra. Indosso la mia natura beduina quando sono stanca. Entro in un giardino che non mi istiga contro me stessa. Amo la mia anima impossibile, quella i cui piedi sono ignoti alla terra.
Sogno un uomo che ha raccolto i suoi resti in un bacio un uomo che mi invade l’anima che mi indossa come un vestito di seta. che vive nell’esilio e quando mi dissolvo mi trattiene nel borgo dell’anima senza abluzioni e senza sepoltura.
L´acqua non è scivolata verso di noi ardendo con la violenza della sete. Perché l´acqua segue le mie tracce dimentica dei sui canali e delle pianure alluvionali? Perché non poggio il mio viso sull´orlo dell´acqua per sapere come ha potuto nasconderci il suo colore, come le abbiamo fatto perdere l´odore? Perché non divento il segreto dell´acqua? Perché non divento femmina per il suo maschio, e lo aspetto nella caraffa fino al sopraggiungere dell´estate?
Cingo i miei fianchi per essere una tela che si allarghi nell’ora dell’ira e che si ritiri quando mi acquieto. Chiesi al fuoco che divampa dentro di me: quale uomo può sopportarmi quale donna trovarmi amica quale bambino che il mio stupore non possa uccidere quale padre dare alla luce una simile a me o quale nome contenere il mio aspetto e quale verbo domarmi. O fuoco cosa ti spegne? Una goccia sgorga da me oppure una fiamma che dentro mi brucia?
Se tra voi un giorno morirò ma morrò mai non recitate sul mio cadavere versetti del corano ma lasciateli a quelli che ne fanno commercio non promettetemi due acri di paradiso
perché su un solo acro in terra fui felice
non consumate il terzo giorno dopo la mia morte il Couscous tradizionale che fu di fatto il mio piatto preferito non cospargetemi la tomba di semi di fichi
perché li becchino i piccoli uccelli del cielo gli esseri umani ne hanno più bisogno non impedite ai gatti di urinare sulla tomba erano loro abitudine pisciarmi sulla soglia tutti i giovedì e la terra non ne ha mai tremato non venite a trovarmi due volte l’anno al cimitero non ho assolutamente nulla per accogliervi non giurate sulla pace della mia anima dicendo la verità e neppure mentendo la vostra verità e la vostra menzogna mi sono indifferenti quanto alla pace della mia anima non è affar vostro non pronunciate il giorno dei miei funerali la formula rituale: “ci ha preceduti nella morte ma un giorno lo raggiungeremo” questo genere di corse non è il mio sport preferito se tra voi un giorno morirò ma morirò mai mettetemi perciò sul punto più alto della vostra terra e invidiatemi il mio essere al sicuro.
Ho comprato un pacchetto di sigarette un giornale e un raggio di sole e sono andato a sedermi al tavolino sulla terrazza di un bar immenso Ho ordinato un latte e ho messo il pacchetto di sigarette il giornale il raggio di sole e il bicchiere di latte a posto sono sprofondato nella poltrona e ho cominciato a leggere tranquillamente un istante dopo ho guardato il pacchetto di sigarette il giornale il raggio di sole e il bicchiere di latte nel allineati e mi sono domandato se non fossi forse un rivoluzionario.
La Morte con i suoi attributi che sono la falce e lo scheletro beffardo nei tuoi occhi si diverte, popolo, e danza come il Tornado al di là dei proiettili, dell’odio e del pianto: lei non conosce nulla, nessuna libertà nessun oriflamma; ti sfiora e ti sfoglia, la polverizza; lei passa passa e ripassa, per la tua voce, i tuoi passi, i tuoi amori, le tue gioie, i tuoi pianti, i tuoi terrori…
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