Nizar Qabbani
L’amore mio
mi chiede:
“qual è la differenza
tra me e il cielo?”
La differenza
è che
se tu ridi
amore mio-
io dimentico il cielo.
L’amore mio
mi chiede:
“qual è la differenza
tra me e il cielo?”
La differenza
è che
se tu ridi
amore mio-
io dimentico il cielo.
Io ti amo quando piangi
e amo il tuo viso annuvolato e triste.
La tristezza ci unisce e ci divide
senza che io sappia
senza che tu sappia.
Quelle lacrime che scorrono,
io le amo
e in loro amo l’autunno.
Alcune donne hanno dei bei visi
ma diventano più belli quando piangono.
Non rassomiglio agli altri tuoi amanti.
Se un altro ti donasse una nuvola
io ti darei la pioggia.
Se ti desse un lume
io ti donerei la luna.
Se ti donasse un ramo germogliato
io tutti gli alberi.
E se un altro di donasse una nave
io ti darei l’intero viaggio.
Continui a chiedermi la data della mia nascita
prendi nota dunque
ciò che tu non sai,
la data del tuo amore:
quella è per me la data della mia nascita.
Non rassomiglio agli altri tuoi amanti, mia signora
Se un altro ti donasse una nuvola
Io ti darei la pioggia
Se ti desse un lume
Io ti donerei la luna
Se ti donasse un ramo germogliato
Io tutti gli alberi
E se un altro di donasse una nave
Io ti darei l’intero viaggio
Sogno dentro la mia mano un tizzone
sull’ala d’aria d’uccello giunto
d’avventuroso punto
la fiamma odoro – Cartagine dei tempi
la donna scorgo nella fiamma
nave divenne il suo canto si dice;
vi scorgo una donna – vittima del destino.
Sogno che il petto tutto è un tizzone
il suo incenso mi abbranca e mi accompagna verso Ba’albek
Ba’albek è scannata,
lì si dice un uccello la testa ha perso alla sua morte
si disse, in nome del suo mattino in nome di una nuova sorte, si incendia
della sua messe il sole e l’orizzonte.
Cerca un Oriente che lava la luce e annuncia:
non sei dove sei ma dove non sei,
non nel sonno ma nell’insonnia,
fa’ che il sonno dorma,
l’insonnia sia insonne,
che ciò che non sei distrugga ciò che sei,
distruggi ciò che sei
per costruire ciò che sei,
e per iniziare:
sii il dado
sii il lancio dei dadi.
Adonis(Qassabīn,1930), daSingolare in forma di plurale(Guanda, 2014)
Scrivo – sono terrorizzato
e impazzisco
e mi temono
persino l’inchiostro e i fogli
e chiedo a me stesso
sto realmente scrivendo
o bruciando?
L’esodo si è concluso e il cammino
è una roccia innamorata.
Seppelliamo il giorno assassinato
ci avvolgiamo nei venti della sventura
ma domani scuoteremo i tronchi delle palme
domani laveremo l’esile dio
col sangue della folgore
tenderemo fili sottili
tra le nostre palpebre e il cammino.
Adonis (Al-Qassabin – Siria, 1930), I canti di Mihyar il Damasceno (Mondadori, 2017)
Danza sul filo
E così mi parlò Abdullah
L’ignoto è alla tua destra
E l’ignoto è alla tua sinistra
Perché stai danzando su un filo
E disse
La domanda è d’intralcio per la domanda
Così pure la risposta per la risposta
Perché stai danzando su un filo
E disse
Né l’Oriente è Oriente
Né l’Occidente è Occidente dentro di te
Perché stai danzando su un filo
E disse
Chiudi gli occhi
E corri più veloce che puoi
Perché stai danzando su un filo
Traduzione di Lorenzo Mari