Melo

Oskar Pastior

Oskar Pastior

Quando sei via, pendono macine di pietra
dal mio albero.
Quando apri la porta del cortile, spuntano
tante orecchie rosa dal fogliame.
Ma con la pioggia, quando dormi, tutte le civettine
spalancano gli occhi tra le fronde.
Traduzione di Gio Batta Bucciol

Poesia n. 293 Maggio 2014
Oskar Pastior. Dalle parole chiare al gioco di parole
a cura di Gio Batta Bucciol

 

 




Notturno

Oskar Pastior

Oskar Pastior

Stranamente il vino blu
si è fatto notte
nella pozione della civetta.
Notte della sapienza isoscele,
cielo dell’intendere dalla rotondità di pesca.
Splendidi sono cresciuti nello sguardo
della civetta i favi levigati
della caraffa squillante,
i favi delle formule ebbre,
le celle dei sentimenti dalle ali svolazzanti.
Nottetempo la sobrietà
si è fatta ebbra.

Squillanti i baci
sono diventati civette
nel vino blu.
Strani i tuoi seni
guardano con pupille d’ambra
dalla caraffa levigata.
Fidente ora mi fa cenno la simmetria delle pesche,
lungo è il fruscio nella selva di croci alle finestre,
calda bevo la sabbia stellare
dalle piume azzurre
dei tuoi capelli.
Traduzione di Gio Batta Bucciol

Poesia n. 293 Maggio 2014
Oskar Pastior. Dalle parole chiare al gioco di parole
a cura di Gio Batta Bucciol

 

 




Onorificenza

Oskar Pastior

Oskar Pastior

Tutto in te era estraneo,
carne cresciuta in case sconosciute,
imbevuta d’ore d’altra gente,
dei profumi di lontane contemporaneità
e di pensieri che
mi si presentavano come scrittura a specchio.
Addirittura portavi ali
mai viste prima:
venate di cifre e fumo come il corno e
scure nella richiesta seria.
Sale c’era sulle tue labbra,
quando il tuo sguardo
lanciò la stella nera.
Questa io porto sul mio cuscino
ed è onorificenza al mio
sogno autunnale.
Traduzione di Gio Batta Bucciol

Poesia n. 293 Maggio 2014
Oskar Pastior. Dalle parole chiare al gioco di parole
a cura di Gio Batta Bucciol

 

 




Ars poetica – una polemica

Nina Cassian

Nina Cassian

Ars poetica – una polemica
Io sono io.
Sono personale,
soggettiva, intima, singolare,
confessionale.
Tutto quel che mi accade e si ripete
accade a me.
Il paesaggio che descrivo
sono io stessa.
Se vi interessano
gli uccelli, gli alberi, i fiumi,
consultate i libri degli esperti.
Io non sono un dato uccello,
un dato albero,
un dato fiume.
Io sono registrata solo
come un Sé,
Io, ovvero Io.

Interdizione

Nina Cassian

Nina Cassian

Cosa cerchi tu qui in vesti diafane
mentre accosti una coppa di parole
alle labbra indifferenti del tempo?
chi ti ha fatto credere
che gli stagni anelano alla luna
e che un uccello danza al centro della terra?
Perché non accetti il rifiuto,
perché non leghi le gambe
strette strette?
Quel che accade intorno a te
non è più affar tuo

La stagione delle visioni

Nina Cassian

Nina Cassian

Per via dell’autunno, preghiamo e piangiamo.
Il tempo sbadiglia di freddo, voragine profonda.
Non ci portano al cielo, atroce e lontano,
né occhio né passo né fionda.
Assumiamo volti pallidi, da setta.
Maniche lunghe su braccia fanatizzate.
Nascosta nelle maniche è una preda sospetta.
Nessuno ci interroga, nessuno ci dissuade.
Racconteremo domani che gli angeli ci volevano rubare
– gesto molto grave –
nel bosco, nel nostro vagare,
Gesù, grondante sangue, la coscia nascosta nel lenzuolo.
Traduzione di
Anita Natascia Bernacchia e Ottavio Fatica

Poesia n. 288 Dicembre 2013
Nina Cassian. C’è modo e modo di sparire
a cura di Ottavio Fatica

Testi tratti da: Nina Cassian
C’è modo e modo di sparire
a cura di Ottavio Fatica
traduzione di Anita Natascia Bernacchia e Ottavio Fatica
Adelphi Edizioni 2013

 

 




Smorfia

Nina Cassian

Nina Cassian

Nel mezzo dell’estate
le foglie riarse impongono
la loro grinzosa durata.
Graffiano la tovaglia,
si rimpiattano a volte dietro
le nuove generazioni
e poi, d’un tratto, scoprono i loro volti di megera,
dal ghigno giallognolo-caffè.
Nell’avvizzire sono assai costanti,
assai coerenti nell’aggressività.
Dirò questo soltanto:
le foglie tenaci hanno becchi e artigli.
Come quasi tutti noi
invecchiano male.
Come alcuni di noi
sono immortali.

La regina delle fiabe

Mihai Eminescu

Mihai Eminescu

Brume bianche, adamantine
Figlia l’argentina luna
E le mena sulle acque,
Le protende sulle piane;
Radunati i fiori a veglia,
Sfilan fine ragnatele,
E appendon alla veste
Della notte grosse gemme.
Presso il lago, sul qual nubi
Hanno ordito un’ombra fine,
Rotta dal gettarse d’onde
Come da palle di lume,
Discotando il canneto
La fanciulla si inchina:
Getta intent rose rosse
Sopra l’onda incantata.
Per veder un viso, guarda
Come corre l’acqua in cerchie:
Chè da tempo è stregata
Dal voler di Santa Miercuri;
Chè il viso vi affiori,
Getta solo rose fresche,
Chè stregate son le rose
Dal voler di Santa Vineri.
Lei si specchea… Biondeggianti
I capelli, il volto, splendon
Nella luna, gli occhi azzurri
Tutti le fiabe comprendon.

La vita mia fu luce

Mihai Eminescu

Mihai Eminescu

La vita mia fu luce e il cielo mi fu azzurro,
La speranza, stella d’oro, mi riluceva nel petto,
Sino a che all’anima mia d’un tratto apparisti,
O angelo caduto!
E due stelle nere luccicarono in nero fuoco
Nel cielo della mia vita. – Un’altra volta il genio della fortuna
Mi lascia solo nel mondo, dispare in abisso
Di nube e di sogno.
Uno strizzar del tuo sguardo mi ha rabbuiato la vita,
Dal mio seno la divina speranza è fuggita;
La fortuna ha spento la tua stella… Tu mi amassi, almeno,
O angelo di amarezza!
Ma no!… Dal mio buio mondo tu voli nel tuo cammino;
Sotto il tuo passo arena d’oro calcherai
Mentre io, perduto nella notte, non spero più nulla,
E in eterno ti sogno.