Alessandra Frison consiglia “I won’t say much for the sea” di Robert Haas

Robert Haas

Robert Haas

I won’t say much for the sea
except that it was, almost,
the color of sour milk.
The sun is that clear
unmenacing sky was low,
angled off the grey fissure of the cliffs,
hills dark green with manzanita.
Low tide: slimmed rocks
mottled brown and thick with kelp
like the huge backs of ancient tortoises
merged with the grey stone
of the breakwater, sliding off
to antideluvian depths.
The old story: here filthy life begins.
Robert Haas (San Francisco, 1941), daNuova poesia Americana- San Francisco (Mondadori, 2006)
Non parlerò troppo bene del mare
dirò solo che aveva, quasi,
lo stesso colore del latte cagliato.
Il sole era basso
in quel cielo chiaro, privo di minacce,
sporgeva dalla grigia spaccatura degli scogli,
da colline fitte di cespugli verde scuro.
Bassa marea: viscide rocce
marrone screziato ispessite da una
felpa di alghe come le schiene smisurate
di vetuste testuggini fuse con la pietra
grigia dei frangiflutti, eccole che scivolano
fino in fondo ad abissi antidiluviani.
La solita solfa: qui comincia ‘sta vita schifosa.
In questo componimento quello che subito colpisce è la mancanza di movimento e di vita che emerge dalla descrizione di un paesaggio naturale. Tutto appare come in una stasi, sospeso in un fermo immagine di un vecchio film. Anche i colori dell’ambiente sono tutti orientati verso una stessa gamma cromatica (giallo, verde, marrone), evocando un’idea di decomposizione (peraltro esplicata al verso 3 con l’immagine del latte cagliato), di abbandono e di morte.
Nessun elemento sembra voler alludere alla vita: il mare è immobile, in una bassa marea senza possibilità di redenzione, il cielo è chiaro e piatto, privo di minacce. Perfino le tartarughe, unico elemento vivente nella poesia, sembrano inanimate, fuse con la pietra grigia, in grado solamente di scivolare negli abissi. Ed è proprio a questa immobilità di un mondo che dovrebbe essere invece attivo, colorato e movimentato che il poeta accosta la vita. Una vita da lui definita come “filthy”, oscena, sudicia, schifosa. La vita inizia da ciò, dal grigiore, dalle rocce viscide e scure, da un mare giallo perennemente in bonaccia. E così l’esistenza dell’uomo potrà conoscere solo questo: una vita irrevocabilmente ferma in una pesantezza atavica, che coinvolge ogni cosa.
Alessandra Frison

Metamorfosi

Karl Kraus

Karl Kraus

Voce che nell’autunno sulla tomba rinuncia
alla tua terra, pallida sorella della luna,
dolce fidanzata del vento lamentoso,
fluttuante sotto stelle fuggenti –
ti risollevò a te stesso il richiamo dello spirito?
Ti riportò nella tua vita una tempesta del deserto?
Guarda, una prima coppia umana riconduce così
un Dio sull’isola sacra!
Oggi è primavera. La farfalla dorata, tremulo
messo di felicità, arrivò dall’inverno del mondo. Oh,
in ginocchio, benedite, ascoltate come la terra tace.
Solo lei conosce sacrificio e lacrima.

Traduzione di Gio Batta Bucciol


Poesia n. 329 Settembre 2017
Karl Kraus. La parola malata
a cura di Gio Batta Bucciol

 

 




Il soldato morente

Karl Kraus

Karl Kraus

Capitano, portami qui il tribunale di guerra!
Io non muoio per l’imperatore!
Capitano, sei il furfante dell’imperatore!
Quando sarò morto, non farò il saluto militare!
Quando sarò dal mio Signore,
sotto di me si troverà il trono dell’imperatore,
e mi farò beffe degli ordini suoi!
Dov’è il mio paese? Lì gioca il mio bambino.
Quando mi addormenterò nel mio Signore,
arriverà l’ultima mia lettera dal campo.
Gridava, gridava, senza scampo!
Oh com’è profondo il mio amore!
Capitano, sei fuor di senno,
perché mi hai spedito qui.
Nel fuoco si è bruciato il mio cuore.
E io non muoio per nessuna patria!
Voi non mi piegate, non mi piegate!
Ecco, come la morte le catene ha spezzate!
Davanti al tribunale portate la morte!
Io muoio, ma non per l’imperatore!

Traduzione di Gio Batta Bucciol


Poesia n. 329 Settembre 2017
Karl Kraus. La parola malata
a cura di Gio Batta Bucciol

 

 




San Silvestro 1917

Karl Kraus

Karl Kraus

L’anno vecchio è affondato inerme
e dallo scannatoio sorge il nuovo.
I bei tempi sono infami?
E la vergogna non frena il corso degli anni?
Un orecchio timoroso ascolta lontano:
solo di tanto in tanto si sente tremare la terra.
Ma imperturbabili passano i tempi
su questo sogno peccaminoso.
Passano con i lunari,
continuando nel nuovo anno l’usata attività:
si congedano dagli assassini dell’umanità,
buon anno augurando ai profanatori del creato.

Traduzione di Gio Batta Bucciol


Poesia n. 329 Settembre 2017
Karl Kraus. La parola malata
a cura di Gio Batta Bucciol

 

 




Istante

Jan Skácel

Jan Skácel

Per nessuna verità al mondo.
Ma se vuoi,
per un soldo di silenzio.
È un istante che divide a metà il paesaggio.
Un attimo umile,
quando qualcuno respira al posto nostro.

Traduzione di Annalisa Cosentino

Poesia n. 28 Aprile 1990
Jan Skácel
Solo un poeta
a cura di Annalisa Cosentino
Crocetti Editore 1990

 




Non voglio gettare via la vita

Jaroslav Seifert

Jaroslav Seifert

Perché si parla soltanto di capelli canuti
e di saggezza?
Quando si va spegnendo l’arbusto della vita,
le esperienze non hanno valore.
Del resto non ne hanno mai avuto.
Dopo la grandinata delle tombe
la colonna fu scagliata in alto con irruenza
e quattro poeti di stato
appoggiarono il dorso alla sua pesantezza,
per scriver sulle pagine dei libri
un loro bestseller.
La fontana è ormai vuota,
cicche vi sono sparse
e solo titubando il sole scopre
il lutto della pietra sconvolta.
Qui si potrebbe anche mendicare.
Ma gettar via la vita,
solo così per nulla,
è questo che non voglio.