Tutte le lettere d’amore sono ridicole. Non sarebbero lettere d’amore se non fossero ridicole. Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore, come le altre, ridicole. Le lettere d’amore, se c’è l’amore, devono essere ridicole. Ma dopotutto solo coloro che non hanno mai scritto lettere d’amore sono ridicoli. Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo senza accorgermene lettere d’amore ridicole. La verità è che oggi sono i miei ricordi di quelle lettere a essere ridicoli. (Tutte le parole sdrucciole, come tutti i sentimenti sdruccioli, sono naturalmente ridicole).
Nesses dias distantes eu vagueava pelas matas enchia a espingarda de chumbo e disparava contra o silêncio das árvores altas só para assistir ao espectáculo dos pássaros em debandada experimentava uma exaltação — de que tenho hoje pudor perante imagens que partem: fragmentos rápidos, passagens, segredos que se apagam nesses dias distantes nem suspeitava a vida pode ser interminável o que deixaste abandonado regressa aprende-se depois quando, por exemplo, a esquecida infância se parece com certos cães deixados de propósito a muitos quilómetros que ladram não se percebe como à porta da velha casa José Tolentino Mendonça (Madeira, 1965), da A noite abre os meus olhos[La notte apre i miei occhi] (ETS, 2006) –Traduzione di Manuele Masini Settembre In quei giorni distanti io vagavo per le macchie riempivo il fucile di piombo e sparavo contro il silenzio degli alberi alti soltanto per assistere allo spettacolo degli uccelli allo sbaraglio Sentivo un’esaltazione – della quale oggi provo vergogna di fronte a immagini che partono: frammenti rapidi, passaggi, segreti che si spengono in quei giorni distanti non sospettavo la vita può essere interminabile Quel che hai lasciato ritorna – si apprende poi quando, per esempio, la scordata infanzia assomiglia a certi cani abbandonati di proposito a molti chilometri che abbaiano non si capisce come alla porta della vecchia casa
Non aver paura dell’amore. Posa la tua mano lentamente sul petto della terra e senti respirare i nomi delle cose che lì stanno crescendo: il lino e la genziana, la verzura odorosa e le campanule blu; la menta profumata per le bevande dell’estate e l’ordito delle radici di una pianticella d’alloro che si organizza come un reticolo di vene nella confusione di un corpo. Mai la vita è stata solo inverno.
Questa notte, dal sogno, ho preso una stella. Ma dove nasconderla quando si sfalda il sonno e l’uccello del mattino con becco d’acciaio m’incide il volto? Basso è il cielo, cade neve sui campi, si disfano nelle zolle i fiocchi come i nostri pensieri in disperse parole. Il silenzio è l’assenza di ogni rumore. Resta il battito del cuore che oscilla su sigillate fonti
La luna colma la terra di miraggi E le cose hanno oggi un’anima vergine, Il vento ha svegliato tra i fogliami Una vita segreta e fuggitiva Fatta di ombre e luce, terrore e calma, Che è il perfetto accordo della mia anima.
Le mie mani mantengono stelle, Afferro la mia anima perché non si spezzi La melodia che va di fiore in fiore, Strappo il mare dal mare e lo pongo in me E il battere del mio cuore sostiene il ritmo delle cose.
Sophia de Mello Breyner Andresen Come un grido puro traduzione e cura di Federico Bertolazzi Crocetti Editore 2013
Tra me e la mia coscienza c’ è un abisso nel cui fondo invisibile scorre il rumore di un fiume lontano dai soli, il cui suono reale è cupo e freddo – Ah, in qualche punto del pensare della nostra anima, freddo e scuro e incredibilmente vecchio, in se stesso e non nella sua dichiarata apparenza. Il mio ascoltare è diventato il mio vedere quel sommerso fiume senza luogo. Il suo rumore silenzioso libera sempre il mio pensiero dal potere del mio pensiero di sognare. Una temibile realtà appartiene a quel fiume di mute, astratte canzoni che parlano della non realtà del suo andare verso nessun mare. Ecco! Con gli occhi del mio sognato sentire io sento il non visto fiume trasportare verso dove non va tutte le cose di cui è fatto il mio pensiero – il Pensiero in Sé, e il Mondo, e Dio, che fluttuano in quell’ impossibile fiume. Ah, le idee di Dio, del Mondo, di Me stesso e del Mistero, come da uno sconosciuto bastione colpito, scorrono con quel fiume verso quel mare che non ha raggiunto né raggiungerà mai e apparterrà al suo moto legato alla notte. Oh, ancora verso quel sole su quella spiaggia di quell’ inattingibile oceano!
Tieni la tenda della nostra finestra a nord chiusa. Notte dopo notte ci abbracciamo stretti nel nostro unisono appartato sotto le coperte pesanti della Baia di Hudson come fossimo due clarinetti sotto i bassi e i violoncelli del mondo. Siamo privi di essenza, due esistenze, quindi niente vecchio né giovane, né maschio né femmina, né carne né pietra, che nell’esistere e attraverso l’esistere sono qualcosa di unico, unico, perfetto – o quasi. La nostra canzone è una felice canzone di fusa. Eppure la tenda è sempre abbassata e nel retro della mente mi chiedo perché – perché tu al mattino scacci l’unica pura luce pulita del mondo che ci arriva dal nord oltre il nord, dalla chiarezza di là, invisibile, decisa e sincera. Traduzione di Fiorenza Mormile
Poesia n. 323 Febbraio 2017 Hayden Carruth. Il primato dell’etica a cura di Fiorenza Mormile
– Cos’è che sta cercando, signora? – chiese il giovane alla donna indaffarata sulla veranda. – Sto cercando un ago che mi è caduto in cucina. – E perché allora lo sta cercando in veranda – Perché la cucina è molto buia – rispose la donna. Herberto Helder(Funchal, 1930), daPhotomaton & Vox(Assírio & Alvim,1979) – De que anda a senhora à procura? – perguntou o jovem à mulher que investigava na varanda. – Procuro uma agulha que me caiu na cozinha. – Porque a procuraentão na varanda? – Porque na cozinhaestá muito escuro – respondeu a mulher. (Traduzione di Giacomo Sandron)
Avevo già udito il richiamo del tordo accanto alle vecchie acque del fiume o nella luce vetrata dei lenti olivi del sud. Pensavo allora che non poteva morire chi tanto ha amato il chiaro timbro delle vocali portate dal mare – l’autunno, lui moriva nelle fiamme alte dei castagni, nel sonnambulo ondeggiare delle greggi, negli occhi delle donne dal cuore affaticato, simili a rami spezzati – loro, che furono sorelle della rugiada. Traduzione di Giulia Lanciani
Poesia n. 200 Dicembre 2005 400 poeti del 900 Poeti portoghesi
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