Lucia Rivadeneyra
I tuoi istinti più i miei
La mia vita meno il tuo tempo
La tua cintura per le mie poesie
E alla fine dei conti
Tra le mie gambe
Tu.
I tuoi istinti più i miei
La mia vita meno il tuo tempo
La tua cintura per le mie poesie
E alla fine dei conti
Tra le mie gambe
Tu.
Dicono che un buon bagno
cancella tutto.
Io è da anni che mi bagno
mi strofino
mi arrosso
e non ho potuto strapparmi
le tue mani.
Tiepide lenzuola umide, pori aperti,
respirazioni epilettiche
mi hanno fatto scendere le scale dell’inferno
mi bruciavano le mani, il mio ventre era dorato.
E nel fuoco della stanza tra le ombre
ho suonato i tuoi silenzi
e al cadere delle spalle come chi è colpito da un fulmine
ti ho amato per ore senza tregua.
La tua lingua-brace, le tue dita-polipi
hanno trovato il fondo nella schiuma calda
del mio mare traforato.
Si decretò la marea – fuga dalla battaglia!
e il crepuscolo si presentò
come un fantasma che gioca con le luci
e si imbroglia nei colori.
Più tardi, con un salto di cervo ferito,
sonnolenta, anestetizzata, violacea,
ti ho invitato a prendere il toro del peccato per le corna
abbiamo aperto la porta,
ed è entrata come un aroma di valeriana
la notte fresca.
Niente
non cè niente
come portare il fuoco
del tuo amore
tra i miei muscoli
e sentire il vento
mentre cammino
sfrontata
per le strade
di Coyoacán
Non ci sono canoni o bellezze regolari,
armonie esteriori,
ma tuoni e temporali devastanti
che portano ad illuminare un fiore,
nascosto, di struggente bellezza.
Non me ne frega niente di quello che pensa il mondo.
Sono nata puttana.
Sono nata pittrice.
Sono nata fottuta.
Ma sono stata felice sulla mia strada.
Io sono amore.
Io sono piacere.
Sono essenza.
Sono un’idiota.
Sono un’alcolizzata.
Sono tenace.
Sono io, semplicemente
sono.
(E tu sei una merda)
L’amore? Non so.
Se include tutto,
anche le contraddizioni
e i superamenti di sé stessi,
le aberrazioni e
l’indicibile,
allora sì, vada per l’amore.
Altrimenti, no.
Nella saliva
nella carta
nell’eclisse.
In tutte le linee
in tutti i colori
in tutti i boccali
nel mio petto
fuori, dentro
nel calamaio – nelle difficoltà a scrivere
nello stupore dei miei occhi
nelle ultime lune del sole
(il sole non ha lune) in tutto.
Dire “in tutto” è stupido e magnifico.
DIEGO nelle mie urine – DIEGO nella mia bocca
nel mio cuore – nella mia follia – nel mio sogno
nella carta assorbente – nella punta della penna
nelle matite – nei paesaggi – nel cibo – nel metallo
nell’immaginazione.
Nelle malattie – nelle rotture – nei suoi pretesti
nei suoi occhi – nella sua bocca
nelle sue menzogne.