Se tu potessi almeno per cinque minuti Entrare nella mia mente Diventeresti un passero in mezzo ai campi di grano Sotto la pietra rossa troveresti La lingua dei tuoni, e la ragazza che amo con tre petti e un fiore su uno invece della mammella, così come il caos esalta le vene degli eroi, vedresti tutti i colori del mondo disegnati con una linea, porci che giocano a nascondino in vestiti rosa, lividi che si contorcono come pesci nella rete, la parola “colpa” scolpita sul petto del vento… Cinque minuti nella mia mente e mi cerchi tuttora.
Quando ti ho detto che sei cielo e ferro Mi hai risposto “per le tue ossa” Hai sorriso e hai continuato a guardare Al di là di noi, il mondo E quello che si ammonisce e ferisce Lontano dal desiderio delle mille campanelle di vetro Dove ci sono solo io e le mie ossa Tu e la tua saliva Per amarci per sempre Come un crocevia Come un segno O niente E per bruciare come lacrima Sotto il cielo esteso Comprendendo che è lontana la fine Dei sorrisi e del senso.
Ci sono delle pietre come denti canini nei talloni E sudore incrostato sotto le ascelle Su cui mosche assetate si appiccicano Proseguono avanti A pregare con lo sguardo offuscato Per almeno una fetta di pane secco Che poi inzuppano nella pioggia E la sfregano nel cuore Per potere continuare avanti Dove le colombe bianche Parlano il latino con il cielo.
Sputa due lettere Nel cibo puzzolente Di equazioni e numeri La cui ricetta è scritta Nei libri Che riceviamo gratis a scuola Con cui ci colpivano in testa Quando immaginavamo Variopinto il cuore della lumaca Quando pensavamo che gli alberi hanno gli occhi E baffi che gli crescono dentro E i gatti rannicchiati Quando cercavamo di centrarli con la saliva dalla finestra Mentre loro ci davano colpi in testa Perché abbiamo provato a sognare.
Prima di iniziare con il rito Delle scimmie bianche, io m’indurisco, mentre tu ti ammorbidisci, ying e yang si abbracciano in un liquido che umidifica le nostre gole, perché continuassimo a leccare gli angoli dove l’etere canta
La libertà inghiottisce polvere da sparo E vivace vi incita ad andare avanti Dove pensate di scoprire la ripetitività Nell’ira delle cavallette – fame, rimorso, fiamma in due mani di cera E strillate l’uno all’altro Furiosi nel cerchio che si stringe Per lasciare una landa Dove per molto tempo dopo di voi I fantasmi sepolti sbucheranno Muti in tutte le lingue
Nasci dai papaveri dei tulipani accanto ad un muro di pietra e nell’orecchia grigia gli versi l’intera risata intera raccolta dai mondi dove passeggiano i bambini senza nome e gli usignoli nei becchi tengono il manto della guerra dove il fuoco lecca gli abissi di vipere aggrovigliate dentro raggrumati per la paura – Per davvero insegni alla pietra a sognare a colori!
I gatti leccano le macchie acide Che fermentano accanto alle immondizie Mentre, lei, avvolta in nero Mi parla di sorrisi e ombre fresche. E le macchine pian piano ammutoliscono Perché la luna è quasi piena E il vento si gratta la gola Perché l’eternità vive in noi.
Con uno sguardo latteo mi bevi La corrente d’aria dalle ossa Chiudi gli occhi E ti corichi sulla terra calda Mite Per prendere fiato Prima dell’ultima battaglia Con me fino all’alba Quando le talpe balleranno sotto la luna chiara Io ti colmerò di un freddo denso Per l’ultima volta Prima di partire per non tornare mai più Tu fatti forza E perdona…
Le emozioni riverberano come riso chiuso in un vaso senza più ricordi. Il suono del digeridù annuncia rauco il cammino dell’anima. L’imporsi perenne di calzini bucati e il reincarnarsi di una chiocciola con l’esistenza costretta a una casa. Il pianeta che gravita nel piercing che porto all’orecchio si abbandona alle labbra dei venti mentre questi gli terranno nascosta la poesia della seta che si appicicca sulle ali degli angeli.
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