Non è finzione né invenzione Non è finzione né invenzione che tra affondo e risalita necessita restar sospesi nel buio di un fondale. Ma qui noi siamo emersi, nel cerchio del tuo letto lo stagno ha un sogno esteso e tu radice hai nel buio mio caldo e nel mio seno. Due lacrime – umido nell’umido – avrei voluto darti, ma la gioia è pianto breve e vedi amor mio, ora che un po’ di me il limite amo, mi fletto al tuo confine di bianco e melograno. Sei natura e splendore nei tuoi angoli acuti e di te conosco stanze larghe d’improvviso. Ami di me quello che a nessuno ho permesso. Tu di me conosci la segreta luna ed io di te disvelo il sole ombrato (pure notte e nebbie di te io amo) Ora di me angelo e custode, espugni dal silenzio il liquido mio gelo. Non rimproverarmi gli anni negati io non ti imporrò le assenze di memoria che ormai non so colmare. Ritroverai in una piazza senza platani il ricordo di un momento che al tempo torna breve. Mi germini nel petto e mi germogli sangue. Nei nostri nomi ripetuti per conferma s’appiana ogni rivolta. Vengo a te mancante e forse mi perdoni. Ti dico che sei angelo di corpo e sangue e l’ala che mi stendi su occhi e bocca non è farmaco né medicamento ma pura verità che si fa vera. Aspetterò il tuo ritorno nuda sul bianco del ricamo, dalle finestre a guardare il tuo passo che nel ventre mi sale. Rallenterai il venire per farmi soffrire d’attesa, aprirai la porta, aprirai la bocca, riceverai il mio pianto, la mia gioia e il dileguato silenzio. Mai più dirò che sono qui per te, mai più saprai quel che volevo dirti. Eppure non c’è parola che non potrei donarti, né ansa di me in cui tu non possa trattenerti. Se tu sei su di me o su di te io, nessuna ombra più ci tormenta. Saremo, tu lo sai, la somiglianza di una unità che non s’interrompe mai.
Io a te dico voglio abbia i miei occhi la morte quando arriva, voglio specchiarmi appena civettuola dentro la vita fatta e da finire. Per una volta essere la mia garbata ospite, porgermi la mano in piedi poi farmi accomodare, piano accostare le persiane e senza rimpianti uscire.
Arriva a ondate il passato Grandi muri alle spalle Cadono d’improvviso Sulla scrivania, nella tazza del the. Troppa vita? Le chiedo Alla mia età è solo tanta Risponde Silvana torpida nel corpo pesante Lasciando qualche capello tra le dita Della mia mano già distante dalla sua testa.
Salutarsi sempre, col sacchetti del pane in mano sull’ultimo gradino di casa, sotto la luce sbieca della metropolitana, tra i colleghi in ufficio. Salutarsi sempre, dita contro dita guancia su guancia o a labbra socchiuse. In stazione imbarazzata lasciare una moneta a chi la chiede, mentre il treno su cui tu sei dame e dalla città operosa ti allontana. Salutarsi sempre, te che sopra ogni altro amo fingendo di ignorare l’addio in agguato in ogni nostro arrivederci.
Se io ti scrivo: oggi resto a casa e tu mi rispondi: noi andiamo a fare spese arriva sbiadito quel noi in cui non ci sono io. Sarà che non si studia a scuola la grammatica dei cuori clandestini, ma imparare da questa pratica è ars amandi acrobatica.
Non saremo noi esempio per i timidi i deboli di cuore Non mescolammo il sangue per fare nuova specie Rimarranno i forti con i forti i deboli coi deboli Noi illusi d’essere primi strappati alla carena Ci togliamo dalle labbra vocali e consonanti Con cui ardimmo profetare di parole nuove Non ci renderà migliori la disdetta al sogno Non interesserà che a uno il nostro sacrificio Ma tu mentre nella notte ti spogliavi eri solenne Quanto me credevi nell’onore che portavi al rito.
Diciotto minuti di attesa per l’autobus numero 62 In piazzale gabrio piola sciarpato dal freddo umido Di una sera di febbraio. Non avevano avvisato i ricordi Che sarebbero arrivati a stormi lasciando piume sul viso Di te che ascoltavi non so se sorpreso o perplesso. Di quanta vita sono fatti i silenzi, dici, mentre io mi affretto a segnalare la fermata all’autista e apro un libro custodito in borsa.
Ci lasciamo ridendo la morte nel cuore Niente è più reale di questo mi hai detto Nella notte mentre il tuo corpo bianco Più del mio in me si inabissava. La poesia di Cortàzar, il viaggio a Marrakesh La pesca d’alto mare e le ragioni tecniche Per cinque minuti ancora ci danno la forza Di avanzare. Due caffè due biscotti una camicia Da stirare sono i garbati passi dell’addio. Don’t forget our future, mi raccomandi Ma dalla finestra il passato tarda ad arrivare.
Lui la prende dietro la scrivania dopo il turno di sera nel suo ufficio personale che si trova accanto a quello della segreteria. La rosa trema nel vaso sulla scrivania assieme a lei che non si spoglia aspettando che al padrone prima o poi passi la voglia Non accade mai e dico mai che a lui passi questa voglia e quando va a casa dal marito con gli occhi vuoti dopo aver preparato la cena per tutta la famiglia dice solo che è stanca e vuole andare a letto a letto da sola e a letto presto.
E lo capirai (purtroppo) solo quando avrai una figlia (se l’avrai) Con questi presupposti spero mai! ***** Comanda sempre la trivella (Non tutte le montagne franano) ***** E dunque quale sarebbe la tua posizione Davanti, dietro o accanto ?
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