Chiara Oliviero
Nuotando
in direzione contraria,
ho perduto i miei versi
dispersi
nell’incolmabile spazio
che avanza.
Diafano
il tuo sguardo,
ha percorso il tempo
a ritroso
abbracciando
una nuova solitudine.
Nuotando
in direzione contraria,
ho perduto i miei versi
dispersi
nell’incolmabile spazio
che avanza.
Diafano
il tuo sguardo,
ha percorso il tempo
a ritroso
abbracciando
una nuova solitudine.
Leggimi
tra le righe
anche quando la pagina è bianca
Raccontami una storia
a lieto fine
fammi sentire di nuovo bambina
dimmi che non è mai stata scritta
poesia più bella di me.
Leggimi
tra le righe
anche quando la pagina è bianca
Raccontami una storia
a lieto fine
fammi sentire di nuovo bambina
dimmi che non è mai stata scritta
poesia più bella di me.
Un giorno mi dirai
che è stato bello incontrarsi
la neve si scioglierà
e potremo amarci in questo angolo di cielo che resiste
le parole si faranno sottili
avranno il sapore di un caffè di domenica
basterà guardarsi in quell’attimo eterno
per capire chi siamo.
L’universo non ha un centro,
ma per abbracciarsi si fa cosí:
ci si avvicina lentamente
eppure senza motivo apparente,
poi allargando le braccia,
si mostra il disarmo delle ali,
e infine si svanisce,
insieme,
nello spazio di carità
tra te
e l’altro.
Dunque, per ascoltare
avvicina all’orecchio
la conchiglia della mano
che ti trasmetta le linee sonore
del passato, le morbide voci
e quelle ghiacciate,
e la colonna audace del futuro,
fino alla sabbia lenta
del presente, allora prediligi
il silenzio che segue la nota
e la rende sconosciuta
e lesta nello sfuggire
ogni via domestica del senso.
Accosta all’orecchio il vuoto
fecondo della mano,
vuoto con vuoto.
Ripiega i pensieri
fino a riceverle in pieno
petto risonante
le parole in boccio.
Per ascoltare bisogna aver fame
e anche sete,
sete che sia tutt’uno col deserto,
fame che è pezzetto di pane in tasca
e briciole per chiamare i voli,
perché è in volo che arriva il senso
e non rifacendo il cammino a ritroso,
visto che il sentiero,
anche quando è il medesimo,
non è mai lo stesso
dell’andata.
Dunque, abbraccia le parole
come fanno le rondini col cielo,
tuffandosi, aperte all’infinito,
abisso del senso.
Apro e chiudo
introduzioni e svolte
quelli che entrano
non usciranno uguali:
telefonate malattie
morti amori
fanno di loro
eroi d’interni.
Un cuore a orologeria
io sono,
non visto e ovvio
separo e unisco
la scienza delle porte.
Abito nella tua voce
e quando tace
il silenzio è alato
abito sotto la violenza
delle tue ali
e quando il silenzio
è sommerso dai rumori
essi sono il cuore del mondo
abito nel mondo
e le piume del mondo
sanno che la bellezza esiste:
«Quando arriverà il tuo passo
metterò una conchiglia sopra la soglia
e nell’aprirla
i frantumi volando
reciteranno il tuo nome».
Che esista l’acqua
che esistano le cose
il sasso la faina
la carezza
il vento
che esista il vuoto
smisurato
l’amore dello spazio
lo sbriciolio
della parola amore,
il suo crepitare
non dà tregua se
amore è direzione.
Le parole seminano
scavano nel cielo:
non vivono le cose
solo dentro di noi,
devono
venire al mondo,
riflesse
pronunciate.
Amare
essere amati
pelle con pelle
respiro
passo
dentro buccia
di mondo.
Amo il bianco tra le parole,
il loro margine ardente,
amo quando taci
e quando riprendi a parlare,
amo la parola che spunta
solitaria
sullo specchio buio del vocabolario,
e quando sborda, va alla deriva
con deciso smarrimento,
quando si oscura
e quando si spezza,
si fa ombra.
Quando veste il mondo,
quando lo rivela,
quando fa mappa,
quando fa destino.
Amo quando è imminente
e quando si schianta,
quando è straniera,
quando straniera sono io
nella sua ipotetica terra,
amo quello che resta,
dopo la parola detta,
non detta. E quando è proibita
e pronunciata lo stesso,
quando si cerca e si vela,
quando si sposa
e quando è realtà di muri
limite che incaglia al suolo,
quando scorre candida
e corre per prima a bere,
e quando preme alla gola,
spinge all’aperto,
quando è presa a prestito,
quando mi impresta al discorso
dell’altro, quando mi abbandona.
Non voglio una parola di troppo,
voglio un silenzio a dirotto,
non un commercio tra mutezza e voce,
ma una breccia,
una spaccatura che allarga luce,
una pista delle scosse.
Dammi un ascolto che precipita –
parola.
Che nasce.