Io non conosco le forze delle parole conosco della parole il suono a stormo. Non di quelle che i palchi applaudiscono. A tali parole le bare si slanciano per camminare sui propri quattro piedini di quercia. Sovente le buttano via, senza strapparle, senza pubblicarle. Ma la parola galoppa con le cinghie tese, tintinna per secoli e i treni strisciando s’apprestano a leccare le mani callose della poesia. Io conosco la forza delle parole. Parrebbe un’inezia. Un petalo caduto sotto i tacchi d’una danza. Ma l’uomo con l’anima, con l’anima, con le labbra, con lo scheletro…
Attrazione inesorabile: non c’è stupore, né paura, ma la sola consapevolezza di vivere una sensazione inevitabile… benefica. Necessaria. Frugare e godere di quanto ci appartiene. Ritrovare chi si vuole e sentirsi nel posto più intimo e protetto, la propria casa. E sapersi avvinti, stretti, allacciati, senza esserne mai paghi, senza chiedersene il motivo, senza pensare se sia giusto o meno, abbandonandosi, vivendo quel richiamo come la più naturale delle condizioni umane… Non è forse questo l’Amore? Le flotte: anche loro convergono verso il porto. Il treno: anche lui corre verso la stazione. E io verso di te a maggior ragione, perché io amo, mi sento proteso e attratto. L’ultimo cavaliere puskiniano scende a godersi nel sotterraneo i suoi beni e a frugare. Così io a te ritorno, amata. Mio è questo cuore, e io godo di quanto è mio. Voi ritornate a casa tutti lieti, a raschiarvi di dosso la sporcizia, radendovi e lavandovi. Così io, tornando a te. Forse non vado a casa mia io, quando vengo da te? Il grembo terrestre attende i terrestri. Noi volgiamo alla mèta finale. Così io verso di te tendo inesorabilmente: anche appena separati, anche appena abbiamo finito di vederci.
Ascoltate! Se accendono le stelle – vuol dire che qualcuno ne ha bisogno? Vuol dire che qualcuno vuole che esse siano? Vuol dire che qualcuno chiama perle questi piccoli sputi? E tutto trafelato, fra le burrasche di polvere meridiana, si precipita verso Dio, teme d’essere in ritardo, piange, gli bacia la mano nodosa, supplica che ci sia assolutamente una stella! – giura che non può sopportare questa tortura senza stelle! E poi cammina inquieto, fingendosi calmo. Dice ad un altro: “Ora va meglio, è vero? Non hai più paura? Sì?!”. Ascoltate! Se accendono le stelle – vuol dire che qualcuno ne ha bisogno? Vuol dire che è indispensabile che ogni sera al di sopra dei tetti risplenda almeno una stella?!
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