Il volo di Mohammed

Hamid Barole Abdu

Hamid Barole Abdu

Mohammed figlio di Omar e di Sumaira
Nipote del saggio Mandu, capo tribù
Etnia discendente dalla civiltà di Nubia
Mohammed figlio di Omar e di Sumaira
Nato in un Paese oppresso dalla dittatura
Sognava di respirare l’aria di democrazia
Un mondo di libertà e di giustizia
Da bambino amava arrampicarsi
Sugli alberi alti e robusti
Saltava da un tronco all’altro
Sospeso sui rami sottili
Gareggiava con le scimmie
Invincibile con gli scoiattoli
Mohammed era in Italia da poco tempo
Aveva attraversato tutto il deserto
Dal Sudan fino alla Libia
Era arrivato a Lampedusa
Solcando il Mare Mediterraneo
Nuotando meglio di un pesce
Aveva la forza di un leone
La velocità di un leopardo
In tasca aveva il permesso di soggiorno
Per motivi umanitari
Dormiva nei vagoni sui binari morti
La Caritas gli offriva un pasto al giorno
La domenica stava a digiuno
Mohammed si è arruolato come muratore
In nero, senza un contratto regolare
Legato con una corda alla cintura
Dondolava sospeso sulle impalcature
Trasportava l’intonaco su e giù senza sosta
Un secchio di cemento da trenta chili sulle spalle
Veloce nei movimenti con una muscolatura invidiabile
Ogni tanto riceveva una piccola paghetta dal caporale
Dormiva sul cantiere in una cuccia di cartone gesso
In quanto bravo lavoratore di notte faceva
Cane da guardia alle attrezzature
Mohammed non si lamentava
Né per il lavoro né per la paga
Ore ed ore sotto il sole
Riscaldavano le sue ossa fino al midollo
Si faceva la doccia con la pioggia invernale
Mohammed ha fatto un volo dal ponte
L’asse di legno sotto il piede si è spaccata in due
L’impalcatura barcolava dal vento
Mohammed non ha fatto nessun urlo
Il trapano pneumatico faceva un rumore assordante
Nessuno si è accorto e non è stato soccorso in tempo
Mohammed è volato in cielo
Nessuno sa se con sé teneva
L’indirizzo del paradiso
Pare che abbia trovato la pace
La pace che cercava quando era in vita
Adesso che Mohammed non è più tra noi
Facciamo una preghiera per la sua anima
Nessuno può dubitare che meritava
La pace sia con lui.

L’uomo che non c’è

Hamid Barole Abdu

Hamid Barole Abdu

L’uomo che non c’è
Avverte colpo dopo colpo
Il ritmo incessante della sua terra
Sa che il suo corpo sta qui
Mentre la sua anima è lontana
Per questo ha in viso una
Luce strana, di beata meraviglia
Siede, l’uomo che non c’è
Su di una panchina davanti alla stazione Termini
Ma ha narici colme
Dei seducenti aromi delle spezie lontane
Le sue orecchie ospitano chiassose grida
Da genti al mercato
I suoi occhi esultano perché
Egli sa che in quella casa,
Dietro quella tenda
C’è una donna che cucina cuscus
Per i suoi figli che tornano da scuola.
All’ombra di un ulivo aspetta
L’uomo che non c’è
Il richiamo alla preghiera del muezzin
E intanto chiude
L’uomo che non c’è
La Stazione Termini fuori di sé.