En la multitud un hombre ha pateado disimuladamente una paloma muchas veces antes de recogerla. Hay una sola vida y la envolveremos con escamas hay una sola vida y la cubriremos con las palabras de otros la palparemos disimuladamente varias veces antes de decidir que la queremos. La vittoria dei disubbidienti Nella moltitudine un uomo ha preso a calci dissimulatamente una colomba molte volte prima di raccoglierla. C’è una sola vita e l’avvolgeremo di squame c’è una sola vita e la copriremo con le parole d’altri la palperemo dissimulatamente varie volte prima di decidere che la vogliamo. Omar Pérez (Santiago del Estero, 1981), da Algo de lo sagrado (Unión, 1995)
Voglio all’ombra di un’ala raccontare un racconto in fiore. La bambina del Guatemala, quella che morì per amore. C’erano corone di gigli e cuscini di fior di reseda e gelsomini… La seppellimmo in una cassa foderata di seta. Lei gli aveva regalato un cuscinetto profumato. Lui ritornò già sposato e lei morì per amore. Trasportano la sua cassa vescovi e ambasciatori e il popolo segue in massa con le mani piene di fiori. Lei per poterlo vedere salì fino al belvedere lui ritornò con la sposa e lei morì per amore. Come bronzo incandescente fu quel bacio dell’addio su quella fronte, la fronte che amavo di più io. Di sera entrò dentro il fiume e la tolse già morta il dottore Dicono che è morta di freddo ma io so che morì per amore. Lì nella cripta gelata la misero sopra due panche. Baciai la sua mano affilata, baciai le sue scarpine bianche. Stavo là zitto e al tramonto mi chiamò il seppellitore. Io non ho visto mai più colei che è morta per amore.
Io penso, quando divento allegro Come un semplice scolaro, Al canarino giallo, – Che ha l’occhio così nero! Io voglio, quando morirò, Senza patria, però senza padrone, Avere sulla mia lapide un ramo Di fiori, – e una bandiera!
Il leopardo ha un rifugio nella foresta aspra e cupa: io ho più del leopardo, perchè io ho un buon Amico. Dorme come su un giocattolo la musmè sul suo poggiatesta di acero del Giappone: io dico: “Il miglior cuscino è un Amico”. Il suo lignaggio ha il conte; ha l’aurora il mendico: l’ala ha l’uccello: io ho laggiù in Messico un Amico! Ha il signor presidente un giardino con una fontana, e un tesoro in oro e contanti: io ho di più, io ho un Amico.
Del tiranno? Del tiranno dì tutto, dì di più! E inchioda con furia di mano schiava sopra il suo obbrobrio il tiranno. Dell’errore? Ah, dell’errore dì l’antro, dì i viottoli tenebrosi: dì quanto puoi del tiranno e dell’errore. Della Donna? Ebbene, può darsi che tu muoia del suo morso; ma non macchiar la tua vita dicendo male di Donna
Coltivo una rosa bianca, in luglio come in gennaio, per l’amico sincero che mi porge la sua mano franca. E per il crudele che mi strappa il cuore con cui vivo, né il cardo né ortica coltivo: coltivo la rosa bianca.
Che importa se il tuo pugnale trafigge la mia schiena? Possiedo i miei versi, che sono più forti del tuo pugnale! Che importa se questo dolore secca il mare e oscura il cielo? Il verso, dolce consolazione, Nasce a lato del dolore
“CHE” , tu sai tutto questo: gli anfratti della Sierra, l’asma sull’erba fredda, la tribuna, le onde della sera, conosci la frutta e la coppia di buoi. Non che voglia darti penna per pistola, ma il poeta sei tu.
Il mio cuore, un giorno, provò un desiderio supremo, che ancora oggi lo inebria come lo inebriava ieri; volevo imprigionare un’anima in una poesia, e farla vivere per sempre … ma non si può.
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