HAMID TIBOUCHI
Luna
sullo stipite
d’un tratto la paura
che un qualcosa avvenga
Raccolta di poeti e rivoluzionari algerini
Il mio dolore:
CIRCONCISIONE.
Le mie punizioni
LA SCUOLA.
Le mie scappate:
IL GIARDINO PUBBLICO.
La mia paura:
IL TRIBUNALE.
Le mie angosce:
MIA MADRE.
Le mie gioie:
IL CINEMA.
Le mie sofferenze:
L’ALLOGGIO.
I miei dispiaceri:
LEI.
Le mie debolezze:
I SENTIMENTI
SENTIMENTI
SENTIMENTI
SENTILAIDO
Passava un giovane, un ramo scuro tra le mani.
La shashia cadeva bene sulla fronte, la veste era splendente.
I figli miei e lo sposo lascerei per lui
la mia città abbandonerei
fino a esser estranea alla mia gente.
Il mio paese sorride ai turisti
Algeri la Bianca riposa in pace
vanno e vengono i carri di polizia
la lebbra del cuore è ben difesa
Chi dunque griderà
il miele amaro degli alveari
i corpi all’addiaccio
i poveri che barano col freddo
Bella pelle di arancia dolce
e denti di fresco mattino
la miseria inganna
non fidatevi di tanta bellezza
Qui si muore in silenzio
senza orma sotto il sole.
Tu pensi di essere vivo, perché respiri?
Vergognati, sei vivo in un modo così limitato.
Non vivere senza Amore, così non ti sentirai morto.
Muori per Amore e rimani in vita per sempre
Il viaggiatore è come un cielo
Che il vuoto non riempie mai
Contro la sua barca onde
Rotolano i loro destini
Come uccelli sfiorano
Le linee curve del sole
Le pareti del cielo
Perciò il Viaggiatore
Sarebbe un’onda – direbbe l’uccello
Un volatile – risponderebbe la schiuma
Ma il Viaggiatore muta
Ecco perché è il vuoto
E ancora il cielo che il vuoto non riempie mai (Il viaggiatore è come un cielo, Versetti per un viaggiatore
Attendo gli occhi alle prese con l’orizzonte
finirò mai di attendere perché ci sono queste formiche
che mi scarnano i piedi per costringermi
ad andare via queste vespe volano a raso
del mio viso impassibile in reiterate incursioni
il mio orizzonte è fatto solo di queste ombre fruscianti
ai venti e che lacerano i rovi l’essere immerso
nell’assenza e le formiche si danno un bel dafare a scarnificarmii piedi le vespe a prendermi per il loro nido
attendo c’è la tua immagine viva che ondeggia fra
i miei occhi come una farfalla che avanza pretese su
un fiore adesso le vespe suonano una melodia
et le formiche danzano sulle foglie morte
Tra me e te una piccola finestra,
grande quanto un bicchiere,
restano tra noi le nostre parole, che c’entra la gente?
La fama è come piombo:
quand’è fuso, si perd
Da qui e ora,
a Tahar Djaout: Che cosa scrivere
che non sia indecente?
la bestia
ignobile
guadagna
terreno
insensibilmente
subdolamente
in una lenta molto lenta
avanzata desertica
mangiucchia
ogni giorno
un po’ di spazio
di libertà
in cerchi
concentrici
si avvicina
al focolare
la notte
lancia
le sue frecce
avvelenate
senza rumore
le
proietta
come lucciole
a favore della notte
si sgranchisce & all’interno
dei nostri organi vitali
depone il suo verme che
repentinamente
meccanicamente
si mette a rosicchiare
dolcemente ma sicuramente
è così
che la bestia inqualificabile
– unitamente al deserto –
guadagna lentamente terreno
Alleviando il melo
di alcuni pesanti rami
che taglio con le cesoie
in piccola legna per l’inverno
sul prato
la ramaglia attorcigliata
intrecci di una calligrafia
d’amore di vita e di morte