Clirim Muça
Lascia parlare il corpo,
le tue labbra unite alle mie
e leggi il segno della mia mano tremante
mentre t’accarezzo il volto.
Non parlare, ti prego!
Non ora, non questa volta
Lascia parlare il corpo,
le tue labbra unite alle mie
e leggi il segno della mia mano tremante
mentre t’accarezzo il volto.
Non parlare, ti prego!
Non ora, non questa volta
Per le rotondità del tuo seno.
Petali i miei baci
sulla tua pelle abbronzata.
Ignote maree alzano
onde di piaceri sul tuo disteso corpo.
Nel cielo dei tuoi occhi
volano le bianche rondini del desiderio.
Asciutti sono i miei occhi
e non sventolo più addii;
le mie lacrime esaurite.
La gioia e il pianto
le ho avute in dono
in abbondanza
e per poco tempo.
Il tutto che mi sommerge
e il niente che mi accompagna
sono il mio destino.
Non c’è una giusta misura delle cose.
La vita non è una linea dritta
ha i suoi alti e bassi
che nel mio caso
sono abissi.
Del tempo scorgo
solo l’ombra,
se mi volto
mi scivola addosso
e mi pesa
quel che pur m’appare
lontano e leggero.
Fermo nell’istante
osservo il futuro
che mi viene incontro,
con un volo
ahimè
basso e breve.
Secondo giorno d’inverno
è il mio compleanno.
Ho compiuto 27 anni
la poesia è la prostituta
che mi denunciò ai poliziotti.
La cella, vagone assurdo di un treno
precipita
precipita.
Si sono vivo, ma che destino il mio
quando anche le pacifiche ali degli uccelli
mi sembrano lame di coltelli.
Mi arrestarono perché avevo pensieri proibiti,
avevo scritto versi ermetici.
Ma più ermeticamente mi hanno rinchiuso
eppure parlano di libertà di pensiero.
La testa china
abat jour stanco
con la lampada bruciata.
Anna Frank
sul mio petto potrà riposare,
felice piangerà, afflitta sorriderà.
Sì, sì, sarà così
perché non inutilmente
ho compiuto (dopo la morte) 27 anni.
Sono sempre dalla parte dei vinti,
con i loro sforzi
(che avvicinano luce).
Fino alla vittoria
dopo fuggo, li abbandono
e mi unisco
ad altri vinti,
…quando conseguo qualche vittoria,
mi separo anche da me stesso
per combattere nuove battaglie…
solo le vittorie
senza vinti,
amo!
Se tu sapessi, amore,
quanto ti ama il mio cuore.
I tuoi lunghi capelli taglieresti,
e un maglione per me faresti
– Che te ne pare di questo stornello,
scritto da un detenuto? –
chiesi a un compagno di cella.
– Poveretto, avrà avuto freddo! – mi disse
e tacque.
Il tempo, maglione strappato,
lascia penetrare il vento nelle ossa della patria.
Fate conoscenza con il mio scheletro:
sono io – senza i miei sogni.
Dopo offritemi ciò che volete,
sempre scheletro
resterò.
I prigionieri
al ritorno dall’ospedale
sono più pallidi di noi.
Come si dispiace la neve
per il suo candore in quei volti derelitti,
volge lo sguardo altrove
e piange
come una matrigna buona.
Le catene,
pur serrate dai catenacci,
scivolano
dai polsi scarniti.
Continuamente si tradisce l’uomo,
e non dico del suo giorno
che improvvisamente diventa notte,
né della notte dei suoi capelli
che inalba e diventa tacito giorno di vecchiaia.
Si tradisce l’uomo
E non dico che anche la sua tomba muore e il nome
diventa erba marcita di oblio,
ma l’uomo è continuamente tradito dall’uomo.
E quando una metà mangia l’altra metà
non resta più l’intero,
mi disse c hi era invecchiato nelle prigioni.