Da Il viaggio dell’Arcangelo

Nikifòros Vrettakos

Nikifòros Vrettakos

(…) Si apriva il mondo ed entrava lo scafo
sotto arcate di fuoco che vaporavano azzurre.
Si allontanava dalla Terra
verso gli spazi celesti e sempre più
la luce guizzava ricca
dalle fiancate fra le sartie e una brezza
più fresca rianimava i marinai:
con frenesia di segnali dai pennoni
salutavano il sole e le stelle.
E così, come fuggono le albe
e arrivano i tramonti, non capiscono,
e neppure quando la luce del giorno si allarga e splende
su tutte le terre intorno, e quando
schizza sulle acque furiose, e quando la notte
senza voce riveste e spoglia
con i suoi astri la terra, un bianco
diluvio di astri, e con il sole che intanto
continuava a divampare nell’universo
– scendevano cercando Troia
e il suo prodigioso sembiante. Placido
il mare scendeva nelle profondità
come fiume di luce che si riversa
nel cielo, e sui flutti anche il veliero
scendeva e si piegava appena
sfiorando la lanugine della bonaccia.
Poggiati sui gomiti i marinai,
gli occhi innocenti rivolti
al cielo, correvano sulle acque; immersi
nel sublime creato che aveva aperto enorme
una crepa sulla superficie della loro anima,
come per il sisma di un’ebbrezza universale. (…)