Michael Krüger
Discorso del filosofo
Di notte,
quando il mondo ha una chance,
mi metto al lavoro.
Non vi aspettate che ci sia un sistema.
L’ audacia mi è stata sempre estranea,
per una scuola ero troppo stanco,
l’ignoto mi faceva paura.
Un futuro del pensare
non so figurarmelo,
la distanza fra concetto e concetto
aumenta, e sul passato
gravano pesanti nubi.
Tutto quello che ancora vedo
sono delle orme venute da lontano
che io traduco con cura
prima che si perdano.
Del mio libro sull’etica
ho scritto solo la parola ››io‹‹,
e anche questa con mano insicura.
Ogni tanto l’infanzia mi manda
Una cartolina: ti ricordi?
Ma questo a rigore
non è una filosofia.
Michael Krueger (1943), qui travestito da filosofo, dà un’ironica smentita d’ogni possibile pensare filosofico: ha scritto, dice, un trattato di etica ma costituito paradossalmente da un’unica parola, “io”, e anche di questo io è malcerto. L’io è un minimo segno, fra le pesanti nubi del passato, un futuro inimmaginabile e il proliferare di concetti sempre più distanti fra loro – allusione ai mille saperi odierni che non dominiamo più. Cara gli è soltanto l’infanzia che però gli manda un messaggio elementare, una banale cartolina. Il filosofo è di fatto un uomo senza qualità, caotico, pauroso e subito stanco. Eppure in questa totale professione di sfiducia non v’è cinismo né disperazione: i toni sono cordiali, fraterni, e rivelano la sostanza dialogica della poesia di Krueger, aperta al mondo e mai oscura. In “Lettera a casa” (nel “Coro del mondo”, p.67) si dice che non è nemmeno vero che la storia sia finita, come anni fa ha annunciato il presuntuoso giapponese Fukujama.
Anna Maria Carpi