Mariasole Ariot
Sull’albero covano le tortore. È l’ultimo giorno e non è luna piena.
Dentro, il mondo è livido e vago, guardo la scena nascosta dal vetro – se un vetro
può nascondere – ma il fuori discutibile e di strazio ha un foro da cui entrare e
uscire, da fondo a fondo sulla pietra. Ho agganciato le parti con la colla, ne man-
ca una al centro, ad occhio nudo sembra una stelletta. Se le formiche hanno biso-
gno di tagli sui nodi per camminare, il noi si deve separare con un nodo tagliato.
Le grandi voci che hai chiamato verità e poi bugia non sono che mosche nella
testa, un ronzio di fondo inseparabile, un’allucinazione per non dire vita.
La vertigine è questo corpo senza finestre , un lago artificiale ferito da una diga. Se non è
possibile una diga, fa’ che sia ramoscello. Che un lampo fulmini il larice, fa’ che cada.
Mariasole Ariot (Vicenza, 1981), da Anatomie della luce (Aragno, 2017)