Marco Ortenzi
Scherzo istrionico e lirico
sogno mimico e infranto
e oltre un muro basso la notte
oltre la notte il gioco speculare delle stelle,
la pace è un attimo
quando cadono tutti i venti
è come stare in piedi su un tetto.
Poco pochissimo di questo impero d’amore
di questo affetto spontaneo per il clan dei battisti
fuga o pensiero che sia lo sguardo cerca impressioni
profili in filigrana nel settembre del cielo
è per scrivere a vuoto biglietti
e riscattare questa servitù.
I comici del cinema muto sui tetti
uno spettacolino di Artaud di manichini che nessuno ha mai visto
di corpi vegetali più puri d’un dolore vegetale
mani di gelatina e unghie di fronde
e tutto molto più reale di noi
i sarti degli scampoli, gli economisti dei pezzi di sapone.
Il repertorio dei mimi umani abbastanza esaurito
l’amore di ritorno per le cose la loro pantomima stupefatta
può darsi una specie di paradosso d’amore
la nostalgia dell’attore per la prosa della marionetta
qualcosa come essere cose, in questa storia.
La retorica materialistica del melodramma
le stelle sul campo di pattinaggio e non si sa di chi sono
i cascatoni dei clowns e la memoria storica del Liechtenstein
un nastro per capelli da donna teso davanti agli occhi
data per insostenibile l’idea di sublimazione
il salto con l’asta del gentiluomo monogamo
lo sport la classifica dei cannonieri
l’olimpiade bionegativa di Benn
nella casa dei suoi genitori non pendevano Gainsboroughs
e nemmeno si suonava Chopin
l’io funzione degli alienisti e l’io nel paradiso di Dante.
Bisogna diventare una persona – pensavi –
e per far questo bisogna perfezionare l’attore,
durante la stagione c’erano solo happenings di poesia
futurista o teatro sintetico da letture serali di Carlo Collodi
i balli plastici i cori i personaggi coi vestiti di carta
felicità maniache e dolori irreali di Narciso Parigi.
Guardando il cielo dopo lo spettacolo
la testa sembrava svitata e il collo un apribottiglie
era come guardare le stelle stando fermi in una pineta
era come se il tour continuasse sempre