RICORDO D’UNA RIVIERA

Marco Ortenzi

Semplice storia, ricordo d’una spiaggia di sassi
sipario d’alghe e verzure di mare appena prima delle campagne vuote
semplice corpo d’amore lungo sulle colline come strade di terra
come il linguaggio puro dei caratteri che non pensavano lirica
se non in un silenzio in penombra e troppo difficile
ospite come la sera in case di angeli poveri.
Una scala di casolare che monta verso la sera
una strada di borgo che sale verso la sera ignara
una preghiera per suoni se cade come rose d’ombra nel petto
e conoscenza d’un bene ignoto
pronunciata nei bassi d’una voce crepata, nella luce
a partire dal cielo, e per la gioia ombrosa d’un crepuscolo padre,
prima, nell’ora prima del tempo dell’oro delle campagne
senza paura di silenzi selvaggi per l’abbandono degli uomini
e dell’addio di musiche di sassi, fino ad ora l’estate.
E gelate impossibili nelle notti d’estate stupite d’effemeridi
accanto al gioco scuro d’una donna e d’etichette alcoliche, profumi
come cipria di grano su di una moto in corsa senza occhiali
come un pezzo di jazz molto nervoso
in un mezzogiorno d’estate
o come una preghiera di giorno, una simulazione.
Queste campagne hanno un’acustica buona
un motivo sonoro malinconico, assorto
una ragione elegiaca difficile, qualcosa come l’arte acrobatica
una grazia estrema nel corpo e nello sguardo obliquo d’una donna
una vita possibile di fantasie animate
fuggite in larghi d’orizzonti marini
e alcuni di questi luoghi hanno vedute alte
e lunghe all’infinito, profonde
e indefinibili, come creazioni del mondo in crepuscoli caldi
e come fari d’auto se bucano l’estasi e l’ombra di alcune notti.
In uno dei pomeriggi la prima ragazza d’un gruppo
è entrata ballando in una taverna in collina
accennava passi di danza in penombra
qualcosa come la luce più vera
la luce della campagna,
un uomo anziano al bancone l’ha guardata d’istinto
ha guardato in esterni a una finestra
ha detto piano qualcosa in poesia
esteriormente ha sorriso