Commemorazioni

Luciano Cecchinel

 

per la morte di mio padre, partigiano
e democristiano
Fra pallide uniformi
entro uno schermo liquido,
rana folgorata in estremi balzi,
il tuo cuore schizzava
per fiotti d’ossigeno, come allora
in fuga da lampi di gelo.
No, non saresti dovuto salire
– e nessuno là a trattenerti –
dietro il sangue residuo delle insegne
verso il sasso del partigiano
bambino, impietrito avanti fuggire
– e nessuno là a trascinarlo -.
Come vento trascorre senza attrito
fogliame in bilico sul ramo,
non tremito di ordini o di armi
avrebbe potuto spingerti più avanti,
come lui afferrato infine
in spasmo sulla china.
Se seguivi il sangue ero con te,
padre, non se salivi per le insegne:
forse tu vi vedevi
il suo ultimo grumo
come il coagulo sul fondo
di bocciolo di calicanto.
Ma lunga aria di tepore
profana il sangue
rappreso puro nell’estremo gelo
e lo confonde
sottile ed ebbra
come lo sfarsi di un profumo.
Giuseppe Cecchinel (Olivieri), che era stato vicecommissario e comandante di battaglione della Brigata Piave, partecipava attivamente alle celebrazioni del 25 aprile ma, in seguito ad un grave infarto subito a 49 anni, non sarebbe più dovuto salire al cippo di Gobbato Antonio (Sernaglia) che si trova sulle prime pendici della montagna di Lago. La moglie usava accompagnarlo a fini di controllo ma, assente lei, nel 1987 egli seguì il drappello dei commemoranti e rimase inchiodato a un centinaio di metri dalla lapide, incapace di fare un passo avanti o indietro. Ridisceso più tardi con l’aiuto dei presenti, il giorno dopo si aggravò e morì in ospedale dopo una settimana di crisi fibrillatorie.
da Perché ancora