Les Murray
Dopo l’ultimo steccato fatiscente
rincasare, per me, è entrare nella foresta di eucalipti.
Un campo di battaglia antico, assorto:
brandelli di armatura, protezioni,
collari spaccati sparsi sul terreno.
Nuove piante spuntano dalle vecchie:
limone e ocra sorgono dal grigio
ovunque, nella foresta di eucalipti.
Una pista nell’ombra, per chilometri,
tra cortecce dure come acciaio:
profondità che ti comincia tutta intorno
senza ragione.
È come un ampio porto qui, con armamenti
infiniti tramutati in foglie, pali
involti in vele spruzzate,
un esercito ignoto accampato da secoli.
Eucalipti presi nella piena
del torrente, ciascuno alto grazie all’altro.
Quello, fiorito, è immerso dentro un bagno
d’api, ma il sangue caldo
s’addormenta, a mezzogiorno.
È quella l’ora delle streghe
nella foresta di eucalipti.
Il fogliame crea una pozza a strati:
foglie su foglie trattengono biliose
e raggrinzite l’acqua del suolo.
La banda dei pappagalli, più in alto.
Basi di pietra sbriciolate dai tronchi.
Luci non umane. Giganteschi
macchinari in abbandono. I misteri
della foresta di eucalipti.
Delizia per me, tuttavia, ai torrenti furtivi,
e salute per me, sotto candele e pettini di banksia(*).
Un vento
sfrega i rami alti sui sentieri;
le montagne sono onde nell’oceano
della foresta di eucalipti.
Ora guardandomi indietro, ora guardandomi attorno,
vado per la mia strada;
essenze mi sgombrano la mente,
e, là più in alto, il suono della pioggia.
Perché ho rinnegato le passioni
della mia vita? Vedere il lampo
innalzarsi dalla foresta di eucalipti.