Hasan Atiya Al-Nassar
Ai tuoi occhi lupeschi la notte protesta.
Una fanciulla viene dalle coste dell’acqua
e dal mare delle ceneri delle città che
non sorridono.
I suoi occhi timidezze
oppure una camicia grigia.
Ma acqua, mare, sale,
le spiagge protestano.
Tu fuggi nella tenda dei treni tranquilli.
Dice la guardia serale,
la città chiuderà le porte,
ma quando verrà Chiara,
come galleggerà in questo mare tenebroso?
Dicono le donne anziane,
Chiara non passa lontano dalla costa,
perché lei,
pace nella terra
e guerra con se stessa.
I suoi confini
vicini, senza
confini.
Si accosta, si scosta.
I suoi pesci volatili scompaiono
perché Chiara non ha fari nella notte.
I suoi occhi come regni di silenzio,
i suoi occhi due primavere senza autunno.
Non so se le lacrime conoscano i tuoi occhi,
la tranquillità, pace,
silenzio.
Tu sei la mia riva
che mi getta nel mare un’altra volta,
sei canto che non ha paese,
sei nebbia triste sui calici dei poeti.
Ha scritto il poeta,
se Chiara non sorride
io tornerò con la mia valigia
a paesi antichi
paese mio,
verso sabbie
soffocate dal buio
verso il buio che copre il nostro viso
e la nostra erba
verso la camicia grigia
verso il sale del mare che dipinge la terra.
Verso uno scirocco che ferisce
erbe, foglie
e si stende
verso i fiori del male.
All’esilio,
all’Iraq,
al mio ritorno;
o mai.
A Chiara, che sorgerà dalla finestra
della mia casa povera
che non sorride,
se lei non sorride.
Io ritornerò, ma dove?
La notte atterra tenebrosa,
gli occhi del lupo galleggiano
nel buio.
La notte ferma senza protestare,
io lascio i tuoi occhi lupeschi
soli.