La mia parola è chiodo

Guido Mazzolini

 

Mentre nasce il desiderio
esplicito che squilla
la luce d’alba all’orizzonte
invoca un tiepido stupore
come scintilla nella notte
di vita un bisogno rinnovato
e chiama sconosciute voci
nel trafugare rapido e sottile.
Io vesto la mia nave di colorate vele
con essa sfiderò tempeste
a petto nudo invincibili marosi
finché qualcuno sarà porto
e mi ripaghi di un approdo certo
che io possa narrargli
di terre sconosciute
di gigli e sangue,
cieli ed aquiloni.
Il canto mio non è che questa
commistione di segrete passioni,
di turbini violenti che innalzano
torri sbilenche su macerie d’oro
e mi divorano gli occhi
come un ricordo vivido.
La voce stride, si contorce
contraffatta dal bisogno
è di me l’ombra allungata,
la mano che rapina l’orizzonte.
Colorati arcobaleni
implodono una sola meraviglia
e tracciano la strada del ritorno,
perciò la mia parola
è chiodo acuminato
essa trafigge una colomba morta
è cibo che non sfama
ferma pozza d’acqua nel deserto
è un urlo di dolore e rabbia
un gemito notturno, lontanissimo
d’amore e di dolcezza.