Quattro date

Franco Buffoni

Franco Buffoni

 

Quattro date sono stato costretto a ripassare
Nell’aprile del 2005
Quattro date del mio calendario. Nel ’58
Avevo dieci anni e il televisore
Era entrato da poco in casa mia.
A dottrina mi avevano insegnato che la gravissima responsabilità
Avrebbe fatto tremare il designato: “Chissà come ha rifiutato…”, sussurrai.
La nonna Gina, che non ci credeva, al contrario dell’altra – la Pina,
Bigotta rosminiana – era vicino a me ad ascoltar l’Habemus.
In quella congrega di cattolici colsi il suo sussurro
Laico “Al gà par minga ver al panzun, sta’ sigür”,
Che sconvolse non poco le mie convinzioni vaticane.
Cinque anni dopo, a nonne morte, abitavamo di fronte a san Rocco,
L’ultima tappa di Montini in pastorale
Prima della partenza per la capitale.
Nel ’63 ero alto e bello, turbato nella carne e nel pensiero.
Mi trovai lì a passare proprio mentre un piccolo gruppo di inchinati
Attendeva di baciare l’anello. Non capii al momento,
Vidi la mano che si allungava, la strinsi
E mi trovai l’anello contro il naso. Poi la mano mi carezzò la guancia,
E l’indice sul lobo dell’orecchio nettamente percepii.
Io credo ancora di aver capito tutto nell’istante
In cui incrociai lo sguardo.
Nel ’78 ero un allenato agli uomini ed al mondo
Giovane ricercatore. Furono due le date,
La prima rassicurante. Voce da checca estatica, pensai.
Alla seconda restai perplesso. Dopo la costruzione
Della piscina a CastelGandolfo e le foto di Karol al picnic
Scrissi due settenari:
“Ora che abbiamo un papa
Eterosessuale”,
Seguiti dalla annotazione (studiavo Adorno):
Rigidità fisica sostitutiva di rigidà fallica
Intervallata da icona tomistica,
Il bue muto.
Ma certo non pensavo che l’omofobia
Sarebbe stato il marchio del suo pontificato.
Dell’ultima elezione preferisco non dire,
Il ghigno è da incubo notturno. E “se penso
Alla Germania di sera, io
Non riesco a dormire”.