Fabio Pusterla
Qui piove per giorni interi, talvolta per mesi.
I sassi sono neri d’acquate,
I sentieri pesanti.
Sul bordo delle rogge:
girini, latte scure. Una valigia
incatramata.
Un filo d’olio cola
sulla ghiaia. Sopra, cemento.
Se gratti la terra: detriti,
mattoni scagliati, denti di coniglio.
Si possono pensare rumori umani,
passi, palle da tennis. Voci eventuali.
Ogni frantume è ammesso purché inutile.
Siccome questo è il vuoto c’è posto per tutto,
E quel poco che c’è, è come se non ci fosse.
Anche i binari sono perfettamente inerti,
le lucertole immobili, i vagoni
dimenticati.
E poi il pollaio. Le cose senza storia.
O fuori. Una carriola
che non ha ruote. Un pozzo. Un secchio marcio
privo di fondo. Il nome di uno scemo:
Luigino. Piume dentro la rete, di gallina.
Buchi dentro la rete. Trame rotte.
Quello che non chiamate crudeltà.
Io sono questo: niente.
Voglio quello che sono, fortemente.
E le parole: nessuno adesso me le ruberà.
Fabio Pusterla (Mendrisio, 1957), da Le cose senza storia(Marcos y Marcos, 1994)